Islanda (parte II)
Islanda, viaggio in solitaria
(Nel caso aveste perso la parte I, eccola qui)
Reynivellir, 13/09/2021
Giorno 5
(Come sempre, qui sopra la playlist per continuare il ‘viaggio‘)
Dopo la giornata di ieri, pensavo che il resto del viaggio sarebbe stato un vano tentativo di superarla, ma senza grossi risultati, soprattutto perché la parte sud era ormai quasi terminata, ora iniziava la risalita verso sud-est per poi addentrarsi a nord, che però, oltre a qualche rara attrazione non ha molto da offrire. O almeno così mi avevano detto.
Beh, non posso dire che la quinta giornata abbia superato la quarta ma cavolo.. Come fa a mantenere questo livello altissimo tutti i giorni?
Prima di partire ero consapevole (perché in ogni viaggio capita) che avrei avuto qualche giornata “S”, di sconforto, stanchezza o scazzo. In preciclo poi figuriamoci.. Già mi immaginavo se fosse partita in radio “Someone like u” i singhiozzi in mezzo ai panorami mozzafiato.
E invece ancora nulla. Non voglio chiamarmela ovviamente, però.. Wow Islanda! DAMN!
Non è che questa giornata fosse partita proprio alla grandissima eh, anzi.
Reynivellir è un paese con 4 case, e a dirla tutta non sono nemmeno sicura sia un vero e proprio paese, ma solo il nome dell’ostello, considerato che 3 case su 4 erano loro. Ristoranti e supermercati, manco l’ombra.
E io, da brava viaggiatrice e all’alba dei 32 anni, non sono ancora in grado di organizzarmi i “pasti giornalieri” così da risparmiarmi tempo e soldi (e sì che voglio dire, sono un pensiero fisso per tutta la giornata quindi un po’ più di attenzione potrei anche dedicargliela)…
Avevo fatto spesa la mattina di ieri, “spesa”: un succo al mirtillo, un pacchetto di Tuc, uno di questi loro famosi creackers a tutti i cereali più uno e due brioche salate che però sono durate solo fino alle 11 quindi non contano. Chiaramente quello beccato ieri era l’unico supermercato che avrei incontrato per i prossimi 2 giorni quindi si insomma, avrei potuto anche fare di meglio.. Ma no, perché riflettere sulle cose quando le si possono fare a cazzo! E poi ero convinta mi sarebbe bastato, dovevano essere solo cose di emergenza. Ed effettivamente i Tuc alla cipolla oltre ad avermi creato assuefazione la sera prima, mi avevano anche salvato la cena, causa mancanza di posti dove cenare.
Ecco quindi, questa mattina oltre a non avere niente per preparare neanche la parvenza di un caffè nella cucina dell’ostello, dove invece tutti i miei coinquilini stanno allegramente mangiando tutti assieme, come a sottolinearmi l’ovvietà della cosa, non ho nemmeno la possibilità di fare colazione fuori, perché il “Café” più vicino si trova a circa 258km. Duecentocinquantotto. (Padova-Milano praticamente)
quindi Niente caffè, niente cibo.
un incubo.
Mi rimanevano in auto la bellezza di tre Tuc, che mi rivoltavano talmente tanto all’idea di mangiarne ancora, che ho dovuto mangiarne almeno uno… Sì, lo so! Però ricordate:
Only God can judge me!
Prima di partire, breve capatina di nuovo alla spiaggia di diamanti per vederla alla luce del sole, chiaramente pazzesca… Come anche gli iceberg in laguna con il ghiacciaio in lontananza, che ieri sera avevano dato spettacolo al tramonto.
E via in macchina di nuovo…
Due sole tappe previste per la giornata, ma niente di particolare. Diciamo che la giornata di oggi era solo “di passaggio“.
Una sedia rossa buttata là e il fiordo Seyðisfjörður.
La sedia rossa l’ho raggiunta dopo un’ora e mezza di strada, e nonostante avessi il navigatore attaccato ho dovuto testare tutta la capacità dei freni della mia auto a noleggio, perché troppo presa dal cantare “Quelli che benpensano” di Frankie hi-nrg, stavo tirando dritto. E viste le distanze islandesi, me ne sarei accorta probabilmente una volta troppo lontana per tornare indietro.
Non mi è ancora molto chiara la storia di sta sedia rossa buttata là un po’ a caso, ma devo dire che era davvero suggestivo sedersi lì e guardare l’Oceano.
Su un totale di circa 2839 foto scattate in otto giorni, ero presente anche io solamente in tre. Ma in questo caso mi sembrava una bella foto da avere come ricordo; così ho tentato di immortalare il momento, ancorando ben a terra il cavalletto e impostando un autoscatto abbastanza lungo da darmi il tempo di sedermi sulla sedia ma abbastanza veloce da non dare la possibilità alle raffiche di vento di portarsi via le 1500 foto e l’ora e mezza di video fatti nei giorni scorsi. Chiaramente mi ci è voluto un poco più di tempo del solito, così ho aspettato andassero via tutti gli altri turisti e ho impostato tutto.
Sul più bello però che tutto era oramai pronto, è arrivata una coppia di turisti tedeschi, pronti con la loro macchinetta super tecnologica…
Sì va bhè ma che ansia che stiate qui a guardarmi mentre faccio la foto, andate avanti voi per carità.
“Danke danke” eh danke danke daje oh!
Dieci minuti di foto scattate vicendevolmente, con in sottofondo il suono dei miei sbuffi, sempre più forti ma a quanto pareva non abbastanza.
Fino a che non ha iniziato a piovigginare.
Ma due gocce non erano un problema, il problema poteva essere se le due gocce si fossero trasformate in diluvio.
Chiaramente ha iniziato a diluviare… a diluviare fortissimo!
Siamo tutti corsi al riparo in macchina. I due tedeschi hanno ripreso la loro strada mentre io sono rimasta chiusa in auto per circa 20 minuti, aspettando qualcosa che forse avrebbe potuto non arrivare mai. Che smettesse!
Beh io aspetto fanculo! Vedi a fare del bene…
Ha smesso. E alla fine l’ho fatta. Gne gne.
Anche perché mi aspettavano 2.58h di auto per arrivare alla tappa del giorno, quindi potevo anche aspetta cincischiare un po’. Si che poi 2.58h sono diventate più di 3h e mezza, perché ogni 50 metri dovevo fermarmi per far foto.
È assurdo lo so, però davvero la Ring Road è una delle cose più spettacolari che io avessi mai visto.
Sono arrivata a Seyðisfjörður e ho fatto una passeggiata per tutto il paese, ci dovrei aver impiegato circa 6 minuti, 7 contando le foto alla famosa striscia arcobaleno che porta alla chiesetta del paese, 8 se contiamo il fatto che anche lì ho dovuto aspettare che tre turisti coreani finissero il loro servizio fotografico.
Non sono certa che la consiglierei, non mi ricordo nemmeno perché ci sono andata. Non è assolutamente brutta anzi, “è piccola ma carateristica‘” (cit.)… ma diciamo che piuttosto, in alternativa proporrei di andare a Siglufjörður, sempre in un fiordo, più a nord e dove oltretutto hanno girato ‘Trapped‘, serie Netflix fichissima ambientata proprio in Islanda, campionessa d’incassi, no ok non è vero, però non è male se vi capita di guardarla.
MA tornando a noi e sempre per rimanere nell’ottica del “accade tutto per un motivo“, nella strada di ritorno verso Egilsstadir, dove alloggiavo (Tehúsið Hostel), la natura mi ha regalato un altro spettacolo, uno dei quali tra i più belli che avessi mai visto…Forse al pari del tramonto visto nella Dixie National Forest.
Il secondo tramonto islandese. Tanto inaspettato quanto incredibile.
Ma questa volta non dalla spiaggia, bensì da una delle vette più alte del fiordo.
Per la seconda volta mi trovavo nel posto giusto al giusto. Ed era assurdo. incredibilmente assurdo.
Giorno 6
Egilsstadir, 14/09/2021
Allora io dico, se i locali alla sera chiudessero alle h.22 potrei anche capire, ma se già alle h.20 tu mi chiudi la cucina, mi aspetto come minimo che alle h.7 del mattino i supermercati o i bar ti stendano il tappeto rosso all’ingresso… Invece no. In Islanda col cazzo che aprono prima delle 10 del mattino.
E soprattutto, come cavolo è possibile che io, stanca come sono, con addirittura 15 gocce di tranquillante in corpo dalla sera precedente(sì, di questo parleremo più tardi magari!), non riesca a svegliarmi più tardi delle h.6.15? COME??
Il bar dell’ostello apriva alle ore 9, quindi quantomeno per oggi la colazione è andata, niente di che: caffè e fetta di torta, ma refill di caffe all’infinito come piace a me (quanto amo questa cosa dei refill gratis!!!).
ORA però, siccome ho imparato la lezione e qui a Egilsstadir (Netto) c’e una delle catene più grosse di supermercati (il prossimo è a 300km) mi fermerò a comprare l’indispensabile per la sopravvivenza dei prossimi giorni.
Chissà come faranno qui gli anziani, cioè voglio dire se poste, uffici, supermercati aprono dopo le 10, cosa faranno prima? Cantieri ne ho visti solo a miglia di distanza. Oddio.. Devo assolutamente scoprirlo.
E io invece cosa dovrei fare nell’attesa? Si lo so, avrei potuto comprarmi le cose ieri e partire in perfetto orario stamattina senza perdere tempo ad aspettare… BEH non l’ho fatto! Non posso crocifiggermi per questo!
…ma finché aspetto apra sto supermercato posso dire la cosa dei tranquillanti.
Ebbene si, soffro di ansia, sai che novità!
Non è che sia una cosa della quale vado fiera, ma sicuramente non è una cosa della quale mi vergogno, anzi… E dopo gli ultimi attacchi di panico avuti, non giro mai senza gocce. Le rare volte che me le dimentico a casa mi sembra di uscire nuda.
In ogni caso, non le prendo mai, e non sono nemmeno certa che funzionino davvero, però averle sempre dietro mi aiuta. Ovviamente le ho portate in viaggio, credo siano state la prima cosa messa in valigia.
Sono partita assolutamente serena, gasatissima e totalmente consapevole del fatto che gli attacchi di ansia o panico se ti vengono mentre sei da sola a km e km da casa, in mezzo a persone che non conoscono nè te nè la tua lingua, così come arrivano te li fai pure passare.
insomma Te devi arrangià!
Ieri sera però, dopo il tramonto pazzesco (e tanto tanto freddo), dopo i 400km in auto e soprattutto dopo aver girato tre posti per trovare qualcosa di aperto per mangiare, ero veramente stanca. Felicissima eh, ma stanca! E la stanchezza fisica non perdona, soprattutto se si impossessa della mente. L’ostello era assolutamente accogliente, ma ero in una stanza di circa 5mq con altre 11 persone, una finestrella minuscola e la porta chiusa. Tutto molto Covid free chiaramente.
Sì insomma, nulla di grave, ma un po’ di ansia me la sono concessa… solo che non riuscivo a dormire. E questo non andava bene! Ho temporeggiato un po’, utilizzando tutte le tecniche in mio possesso, ma nulla.. ho dovuto cedere. Così ho preso alcune gocZZZZZZZZ……
Lo so, mi rendo conto che questo non è ciò che si aspetta di leggere nel racconto di un viaggio in Islanda, ma così è, la vita è anche questa, anzi è brutto dirlo ma è soprattutto questa. Non è mai solo tramonti pazzeschi e strade panoramiche… Io non sono una di quelle travel blogger fighe che si porta dietro il fotografo, che nelle foto ha sempre l’outfit giusto, la luce giusta, che fotografa perfettamente ciò che mangia, che scrive tutto sul suo mac e che al ritorno fa del suo racconto una guida perfetta. No, io mi vesto a cazzo, e mangio forse peggio, ho imparato da poco ad usare l’autoscatto e non darei indicazioni nemmeno a turisti nella mia città… E l‘ansia la porto dietro.
L’ansia non sta a casa, non da tregue, l’ansia te la devi fare amica e viene con te, sempre.
OH, nel frattempo hanno aperto il supermercato!!!
Comunque spesa fatta. Come ho detto, solo l’essenziale.
Smarties, fonzies, una bottiglia di succo Ace e il resto in Goleador.
No scherzo, ho fatto una vera spesa stavolta e dovrei essere a posto anche per le prossime due cene (pasta, e sugo pronto! Ehi, ricordate, only god can judge me!) e la colazione di domani mattina(due brioche alla crema), acqua, il caffè e il latte.
Ah si, più qualcosa da mangiare a pranzo, che però è durato solo fino a 20 minuti dopo la partenza.. Anche perché erano le h.11.30. E me ne sono anche praticamente subito.
Un’oretta di macchina per arrivare al Studjil canyon, parcheggiare al parcheggio quello più lontano (vi lascio le coordinate 65°11’21.0″N 15°15’01.0″W perché altrimenti arriverete all’altro parcheggio, quello che vi farà vedere il canyon dall’alto, bellissimo, ma niente big likes su Instagram se andrete li, quindi beccatevi le coordinate!).
La strada per arrivare al parcheggio è lastricata di buche e sassolini (come la vita!), che schizzerano evriuer ogni volta che qualcuno più ricco di voi con un 4×4 vi passerà vicino… A me spaventava solo bucare, perché per le ammaccature da sassolini ero assicurata, mentre non avrei avuto nessuna voglia di mettermi a guardare un tutorial su come cambiare una gomma forata.
Una volta arrivata al parcheggio ho mollato giù l’auto e ho iniziato a pentirmi di aver mangiato quello che doveva essere parte del mio pranzo. La camminata è di circa un’ora a passo svelto, o un’ora e mezza a passo “Uh guarda che bella quella roccia, devo fotografarla, e quella pecora!? Nooo vabbè e quel ruscello?!”.
sali scendi continuo, lungo ma fattibilissimo. Ovviamente ripagato dal canyon finale…
Andare fino al punto più basso del canyon non era molto consigliabile vista la quantità di acqua scesa nei giorni precedenti, la corrente e ovviamente il fatto che le rocce lì fossero molto molto mooolto scivolose, un solo passo falso e la tappa successiva della giornata sarebbe diventata la Groenlandia, a nuoto. Ovviamente ci sono andata. Tanto se mi succede qualcosa mica sono da sola in mezzo ad un canyon in mezzo ad un isola in mezzo all’Oceano…
Ne sarebbe comunque valsa la pena!
Il problema era che mezza giornata, e anche più, mi era ormai andata via per questa tappa, ma ne rimanevano parecchie altre… A parecchi km. Quindi un po’ di pressa al culo ho dovuto metterla.
La seconda tappa: Dettifoss (Cascata. N’altra? Eh si.) meritevole la visita!
Viti (cratere diventato lago) non meritevole di visita, o almeno per me. Non me ne vogliano quelli che lo hanno apprezzato
Grjótagja (grotta bellissima, diventata famosa per una scena del trono di spade…♫ Tanta taratanta taratanta taratanta ♫ dove Giovanni Neve ha fatto il monello con la rossa della quale non rimembro il nome.
Sicuramente suggestiva da vedere.
La grotta, non la scena di Got.
Il lago Myvant, se vi piacciono i laghi e i moscerini è il posto che fa per voi. (”Wow grazie, sei stata esauriente nella descrizione!”)
A parte queste tappe che, alla fine, sono riuscita a vedere con calma(…), il lago e i dintorni sono tra i posti più gettonati dove vedere l’aurora…
Vista la giornata limpida e il mio classico culo, chiaramente io NON l’ho vista. In compenso però sono abbastanza sicura di aver preso una multa, due, se contiamo quella che il noleggio mi ha appena notificato per non aver pagato il parcheggio a Pingvellir (mica avevo visto che si pagava checazzo, nel link CONSIGLI vi spiego come evitare.) 700kr piu 2500kr di notifica, 22€ circa quindi tutto sommato bene, ma quella (o quelle) per eccesso di velocità saranno un vero bagno di sangue(circa € 600)… Mi aspetto la notifica a giorni. CHE Ansia!
Serata passata in una poltrona dell’ostello, che non era un ostello ma una vera e propria casa di campagna adibita per gli ospiti, con tanto di stalla e bilancia in bagno (…Ignorata!!).
Mi sono cucinata la mia pasta che a occhio (perché la bilancia a differenza del bagno, non c’era in cucina) sarà stata almeno 500gr.
Sì, ero stanca ed affamata.
Anche per la colazione sto giro ero preparata, avevo il mio caffè e le mie brioche alla crema (comprate il giorno prima!) che poi si sono scoperte essere al prosciutto e formaggio (perché metterle vicine a quelle al cioccolato mi chiedo io?), ma problema irrilevante, perché a colazione non si guarda in faccia a nessuno.
Doppia moka (go hard or go home!) su vista alba mozzafiato e via di nuovo…
Giorno 7
Húsavík e dintorni, 15/09/2021
Prima tappa Godafoss, la cascata di Dio (aridaje n’artra cascata!).
Molto bella sicuramente. E sempre molto a prova di turista.
Vorrei dirvi che l’arcobaleno è stata una botta di culo pazzesca, ma no, c’è praticamente sempre in base al sole, quindi vai di big likes.
Seconda e praticamente ultima tappa del giorno, ed infatti sto prendendo tutto molto più lentamente dei primi giorni… E con lentamente intendo non più dei 90km/h (madonna che ansia se penso alla multa!), è Akureyri.
Seconda città più grande e popolosa dopo la capitale.
Mi sono concessa il lusso (prima di mangiare aria e acqua per la multa!) di pranzare con la cosa più economica che avessero in questo ristorante, ovvero indovinate un po’: Zuppa (sempre accompagnato da pane al burro, sia mai!). Basta hamburger mi escono dagli occhi. Invece le zuppe ci stanno sempre.
Un giro veloce ad Akureyri per smaltire la zuppa, anzi a dir la verità per farmela andare di traverso dopo essere riuscita a spendere la bellezza di 27€ per 4 matite a forma di orca (stupende!), 4 penne e un portachiavi. VENTISETTEURO!
In pratica l’equivalente di quello che avevo risparmiato per la cena di ieri e la colazione… Che già sommato all’ipotetica multa fanno un altro viaggio praticamente. Brava, davvero!
Comunque dopo un km e i 27€ sul groppone direi che Akureyri scusa, ma possiamo anche salutarci qua!
Avrei anche voluto optare per un whale whathing tour a Husavik (altra citta’ grande a pochi km da Akureyeri), ma non essendo la vista delle balene certa (che comunque avevo già visto a Monterey in California) ed essendomi anche stata sconsigliata la visita a Husavik, ho optato per il riprendere l’auto ed andare direttamente verso l’ostello, sempre godendomi il tragitto sulla Ring Road, a non più di 90 all’ora. (Oddio che ansia, non posso pensarci!).
Quasi 3h di vista mozzafiato dopo (pare incredibile lo so, eppure nonostante fossero già passati 7 giorni e non so quanti km, riusciva ancora a lasciarmi senza fiato), sono arrivata a Lauarbakki. Ridente cittadina che, stando a Wikipedia, nel 2018 contava ben 57 abitanti… E che quest’anno, Covid permettendo, immagino siano arrivati almeno a 63.
Il nulla.
Il nulla totale. Questo alloggio non è un ostello ma un affittacamere (Guesthouse Langafit), un mini appartamento sul retro di una pompa di benzina, che è anche negozio di un milione di articoli di dubbia utilità.
In ogni caso stanza e cucina assolutamente carine e con tutto il necessario tranne una cazzo di moka, oggi che avevo il caffè non c’è la moka. In compenso però c’è una planetaria. Una PLANETARIA?
Perché mai un ospite dovrebbe trovare più utile una planetaria anziché una cavolo di moka?
Stanno forse girando una stagione di Bake Off Iceland a Lauarbakki e io non ne sono al corrente?
Va beh. Sono comunque arrivata nel tardo pomeriggio, e nonostante odi quando sono in viaggio, trascorrere il tempo cincischiando, oggi è stato bello!
Ero la prima ospite arrivata, quindi c’era un silenzio totale. La mia stanza oltre ad essere dotata di una comodissima poltrona, aveva anche un’enorme vetrata che dava proprio sulla romantica pompa di benzina di fronte e sul vuoto cosmico che la circondava. Quanti film horror ho visto iniziare così…
Nonostante questo però, tra una doccia, la scrittura e un po’ di sistemazione foto il tempo è volato.
Una giornata di passaggio sì, ma che ha comunque ‘fatto il suo’.
Giorno 8
Lauarbakki, 18/09/2021
Al mio risveglio la pompa di benzina era ancora là, e anche il vuoto intorno, anche se faceva molto meno terrore.
Ho fatto colazione nella cucina a disposizione, facendo il caffè in uno di quegli aggeggi che usano gli americani, con il filtro che sbrodola acqua sporca nel contenitore sotto. Un caffè americano insomma, che per farne uno normale nostro devi berne almeno 6 litri.
Pipì preventiva prima di uscire (che non si sa mai) e via. Di nuovo!
In realtà non avevo grandi mete per la giornata, a parte due o tre tappe facoltative; nel senso che, come accennavo, la parte nord ovest non offre molto.. Ma se vuoi fare il giro dell’isola devi per forza passarci quindi qualcosa da guardare lo devi trovare. Non si trova molto però ecco.
Ero nei dintorni di Snaefellsnes, ma di farmi 5h di auto per vedere le 2/3 cose che la penisola aveva da offrire non avevo molta voglia.. Quindi ho fatto tappa nelle tre che più mi interessavano, e così ho un po’ ristretto i tempi.
Prima tappa il monte Kirkjufell, una semplice cascata piccolina (rispetto alle altre) che però ha alle spalle sto monte (“Sto monte!” Alberto Angela sarebbe così fiero delle mie accurate descrizioni!).
Bellissimo eh.. Ma niente che non sia già stato visto finora.
Seconda tappa la chiesetta nera di Budir
Tra tutte le cose del giornOHMIODIO HO SOLO 169KM DI AUTONOMIA!? MERDA!
Ebbene si. A poco meno di metà serbatoio mi è salita l’angoscia… Sapevo che avrei dovuto far rifornimento da quel benzinaio incontrato prima, anche se ero a più di metà serbatoio, ora il prossimo chissà tra quanto sarà.
Infatti ero esattamente a metà strada tra il benzinaio prima o quello dopo. Quindi era irrilevante quale scegliere, dovevo solo sperare di arrivarci.
In strade ordinarie, 160km mi sarebbero bastati e avanzati, ma in strade islandesi, con una mini auto che in salita ciuccia come un Hummer limousine ero tutto molto borderline.
Ogni km perso di autonomia era per me un cercare in che modo avrei spiegato a qualcuno il mio livello di stupidità.
Seppur con un senso di angoscia non indifferente, sono comunque andata alla seconda tappa.. Tanto era di strada, era inutile non fermarsi, angoscia o no.
La chiesetta nera di Budir è assolutamente adorabile, e ancora di più per me che amo i cimiteri, il suo mini cimitero di fianco con ben 14 lapidi.
Dopo essere riuscita, senza dover spingere l’auto o implorare qualcuno, a far benzina, ho raggiunto anche l’ultima meta.. Che non era assolutamente nei piani.
Ho solo avuto un’illuminazione mentre guidavo. L’illuminazione era: “Com’è che non ho ancora visto nemmeno una foca?“.
Così ho cercato dove potessero essere, e casualmente una delle due spiagge dove vederle era a pochi km…
Ytri Tunga Beach.
Quindi mi sono diretta lì e mi sono goduta per un po’ lo spettacolo di queste (quattro) foche spiaggiate a pancia in su. Non erano le sole però spiaggiate, a qualcun’altro non era andata altrettanto bene ecco.
Ma oh, è natura anche questa!
Anche oggi sono arrivata all’alloggio molto presto, anche fermandomi per strada a fare un po’ di rifornimento per la serata e colazione (oltretutto spendendo pochissimo.Ho imparato finalmente!L’ultimo giorno!).
Alloggio bellissimo, nonostante il bagno distantissimo.
Sono rimasta 3h seduta dentro questa mini casetta in legno,al caldo, con la musica, a scrivere un po’… Ma anche a guardare il cielo. In fondo domani sarà l’ultima sera e per quanto io mi senta un po’ provata da questi giorni, non sono pronta a tornare.
Sì mi mancano i miei mici, le mie cose, non vedo l’ora di far vedere le foto alla nonna, agli amici, e bere vino con la mia migliore amica raccontandole tutto, ma poi?
Lunedì sarò di nuovo alla mia scrivania e che ne sarà di tutta questa magia? Sono davvero solo piccole parentesi che ti ritagli in una vita fatta di routine? Só che è così, e so che lo farò, ma lasciatemi per un po’ a questo mio schifo interiore, chiusa in una casetta di legno tutta mia nel nulla islandese.
Dopo un paio d’ore di svacco e malinconia e stranamente ancoranessun segno di fame (…), avevo necessità di aria, nonostante fuori fosse ormai praticamente buio e ci fossero circa 4°.
Due passi… ne avevo bisogno, volevo fare scorta di Islanda ancora per un po’.
Due passi che si sono trasformati in un “Ma perché non andare oltre quella collinetta di rocce bagnate e terriccio scivoloso al buio a vedere cosa c’è dietro?!“, ma certo perché no!? Mi sembra una brillante idea in linea con quelle prese negli ultimi giorni. Vai..
Sono abbastanza sicura, una volta iniziata la salita al buio, di aver sentito una voce dall’alto dire:
“Si però anche tu figlia mia così mi metti in difficoltà! Damme tregua!“.
Diciamo che all’andata la visibilità (4 metri) era ancora tutto sommato più del tipo “Chissà se quello è un sasso o una pecora!” mentre al ritorno era più un “Oddio muoio! Si si adesso muoio!”.
Comunque mentre camminavo avanti e indietro, sulla cima di quella collinetta, al buio, al freddo, scoprendo che dall’altra parte in realtà non c’era nient’altro che il nulla come già potevo immaginare, un po’ scacciando alcuni pensieri e un po’ cercando di non perdere la sensibilità dei piedi, è successo! E’ successo quello che succede sempre quando non lo stai cercando.
Ho alzato la testa e l’ho vista.
Non ne ero sicura, sembrava una nuvola come tante, in mezzo ad un cielo limpido, ma si muoveva in maniera troppo strana.
Il meteo lo diceva, in caso di cielo limpido possibile aurora boreale.
Mi sembrava abbastanza improbabile… Proprio l’ultima sera? Dopo tutto quello che avevo già avuto dall’Islanda?
No dai,non mi aspetto tanto.
Ho provato a scattare con la macchinetta (che tenevo sempre in tasca) e niente.. Era lei.
Era davvero un’aurora boreale!
Piccola, timida, impercettibile ad occhio nudo, ma cazzo era lei!
È stato pietrificante. Non sei preparato a questo. Cioè sì, vedere l’Aurora boreale è solo una delle tante cose che una qualsiasi persona dice di voler fare prima di morire, ma mica ci crede davvero dai.. E invece è successo.
Stavo davvero congelando, avevo perso la sensibilità delle dita, dei piedi, del naso, ma non riuscivo a smettere di cercarla. Sono stata lì più di due ore in cima a quella collina sperduta nel buio totale, mentre tutti erano al caldo ignari nelle loro casette in legno, a godermi quella piccola aurora… e brillavo.
Piccola e sperduta nel cielo sicurissimo, forse anche lei stava guardando me. Eravamo della stessa situazione.
Quando ho capito (si stava annuvolando) che non sarebbe tornata e con lei nemmeno la mia sensibilità agli arti, ho battuto in ritirata.
È stato tutto talmente incredibile che non potevo nemmeno imprecare mentre cercavo di non slogarmi una caviglia scendendo dalla collina con la torcia da piccola esploratrice sulla fronte.
Vi risparmio i dettagli imbarazzanti di quello che ho mangiato una volta tornata in casetta mentre sfogliavo le foto appena fatte, immaginatevi solo la peggior schimicata post sbronza che vi ricordate.
Cotta e congelata mi sono addormentata vestita dentro al sacco a pelo e così mi sono svegliata al mattino.
Ultimo giorno
Programma? Assolutamente nessuno.
Non solo non avevo un programma, ma non avevo nemmeno prenotato un alloggio per la notte. Visto che il volo sarebbe stato il mattino seguente molto presto, perché prendere un posto per dormire? Starò a zonzo in giro. (Solo dopo ho capito perché avrei dovuto prenderlo.)
In ogni caso, sapete quando ho detto che non era possibile prendere così tanta acqua in un giorno solo? Ecco, mi sbagliavo, è possibile prenderne molta di più, molto più freddo e molto più vento di quelli presi nei giorni scorsi.
Non avevo nulla in programma, tranne una cosa che sapevo essere impegnativa da portarmi via una buona mezza giornata. Il vulcano fagradalsfjall. Attivo da marzo.
Mi era stato sconsigliato da amici di farlo in caso non stesse eruttando, perché per quanto scenografica la location, non valeva la fatica che avrei fatto. Chiaramente stava eruttando da due giorni quindi fatica o no, dovevo vederlo! Quando cavolo avrei rivisto un vulcano eruttare da vicino?
Una volta parcheggiata l’auto ha iniziato a piovere, va beh sai che novità… Pioggia, nulla di nuovo, non mi spaventava.
Per ora!
Tre sentieri, dei quali 2 chiusi per l’eruzione. Va beh vada per il C, il più lungo.
La pioggia non ha mai dato tregua, non solo, per tutto il percorso (e stavolta si parla di un percorso in salita, su cresta di un monte, con terreno terribilmente roccioso/sabbioso sconnesso e scivoloso) il vento era a sfavore. Quindi non solo spesso ho dovuto fermarmi per la fatica, ma anche perché il vento non faceva proprio muovere, e le gocce di pioggia a quella velocità erano quanto di più simile a delle schegge in faccia. Una piacevolissima escursione.
Ad un certo punto i miei piedi galleggiavano letteralmente nell’acqua dentro le scarpe.
Ma ormai era fatta…
Devo dire che una volta mi sarei fermata lì dove la maggior parte delle persone si fermava per fare le foto, dove già si vedeva la lingua di lava. Vedevo tutte quelle persone in alto, sulla punta più alta del percorso in cima al monte, da dove si poteva vedere il cratere, e mi dicevo “Ma si dai, in fondo anche da quaggiù si vede benissimo la lava, perché strafare!“.
Ma l’ho fatto. Ho dovuto.
Non so cosa mi abbia spinto a cominciare quella salita, in quella situazione metereologica assurda e avversa, già sapendo che non sarei stata fisicamente in grado di farcela. Eppure dovevo farlo. Volevo farlo!
E l’ho fatto!
Chiaramente sporconando ad ogni passo, ad ogni scheggia di pioggia che mi arrivava negli occhi, alle mani fucsia da congelamento.
avro’ mai altre occasioni per vedere da vicino Un vulcano che erutta !?
Non credo.
E sono rimasta lì per un po’, su quella cresta, a guardare quella lava rossa colare…come fosse la cosa più assurdamente pericolosa mai vista!
Fino a che non ho dovuto cominciare la discesa, e ho capito che forse la lava non era la cosa più pericolosa. Perché se all’andata il vento era contro, in discesa era a favore, il che significava che oltre a dover stare attenta a non scivolare sul quel terreno pessimo, con la pioggia a dirotto, avevo anche raffiche di vento a 18 m/s a darmi spintarelle fortissime da dietro come a dire “Daje muoviti scendi“… N’attimooo!!!
Chiaramente sono scivolata… Quindi oltre all’essere completamente fradicia e congelata, ero pure piena di fango, seppur con tutte le ossa ancora integre.
Ho passato buona parte della discesa a cercare mille e uno modi per capire come avrei fatto, una volta arrivata all’auto, ad asciugarmi, lavarmi, cambiarmi con qualcosa di asciutto, una volta finita sta agonia.
Ma avevo solo l’auto, tutti i vestiti in valigia e nessuno posto dove farmi una doccia bollente di 50°.
Infatti arrivata all’auto ho dovuto tentare di recuperare qualche vestito palliativo (comprese le mutande) dalla valigia in bagagliaio, cercando con una mano i vestiti e con l’altra tenendo il portellone perché non si staccasse con il vento (se avete mai noleggiato un’auto in Islanda, sapete di cosa parlo!)
Riscaldamento a palla, vestiti che sgrondavano acqua e fango in auto e temperatura corporea di circa 34°. Ecco perché mi sarebbe servito un alloggio!!
E mo’?
Eh… Il programma del giorno era finito, e mancavano solo 16h al volo, cosa potevo fare nel mezzo?
Intanto mangiare, e scaldarmi, per quanto possibile.
Zuppetta? No.
Chiaramente ho trovato l’unico posto in tutta l’Islanda dove non facevano zuppe, purtroppo, perché mi sarebbe tornata davvero utile. Fish&Chips, il primo in 9 giorni. Niente di che.. Ma almeno ero al caldo per un po’.
Ho temporeggiato finché non ho trovato un paio di cose da vedere nei dintorni, tipo la fumera di Gunnuhver.
Che non ho potuto vedere perché il troppo vento spostava la nuvola di fumo al punto da non far vedere la passerella, ed essendo le vasche sotto la passerella di una temperatura di circa 100gradi non mi pareva il caso di sfidare ancora la sorte… Avevo un brutto presentimento!
Seconda tappa il Faro di Reykjanes, e i faraglioni sulla costa.
Non so come fosse possibile, ma non ho visto nessun turista per tutta la giornata, ero veramente sola a godermi tutte quelle bellezze di serie B.
Finite le attrazioni, dovevo solo ammazzare il tempo…
Ho avviato la macchina verso Keflavik, per cercare qualcosa lì nei dintorni, e per la prima volta in quei giorni mi sono resa conto che non avevo la musica accesa e che guidavo piano, e no, non per i limiti di velocità, ma perché stavo decomprimendo.
Dopo tutto questo, avevo bisogno di decomprimere prima di capire che stavo davvero per lasciare tutto quello.
Nel frattempo ho trovato un locale, il migliore che potessi trovare oltrettutto.
Birre, biliardi, Pearl jam, nirvana e giovani…
Sono stata lì per un po’ a godermela, a bere, a scrivere e a rendermi davvero conto di cosa avessi appena vissuto.
Nove giorni che mi sono sembrati mesi.
Casa mi sembra così lontana, il lavoro che lunedì ricomincia mi sembra di un’altra vita, mi sembra tutto così distante, surreale.
E invece è successo davvero, è successo tutto.
E ancora non mi sembra vero.
THE END
P.S.: Se in questi nove giorni sono stata letteralmente graziata (tolta l’eventuale multa), il viaggio di ritorno è stato un vero incubo.
Lasciato il locale carino, ho cercato un posto dove poter mangiare qualcosina, l’unico ancora aperto dopo le 21 era KFC, dove ho preso un hamburger (per variare la dieta settimanale), mangiato in auto nel parcheggio, guardando un paio di puntate su Netflix.
Avevo previsto di dormire qualche ora in auto, riportarla poi al noleggio verso le 4 del mattino per poi entrare in aeroporto.
Quello che non avevo previsto però, era il non riuscire a dormire granché in auto, oltre ai 3° di temperatura fuori, un panino sullo stomaco che non accennava a scendere e soprattutto la stanchezza sulle spalle (stanchezza per la scalata al vulcano, per la pioggia, per il freddo e per il viaggio in dirittura d’arrivo). C’ho provato fino all’una, poi però non ce l’ho più fatta, troppo freddo.
Ho riportato l’auto e mi sono avviata, stanca morta, in aeroporto.
Tutte le poltroncine erano occupate, così mi sono ricavata il mio angolino in una zona poco ‘trafficata‘ dell’aeroporto, vicino ai bagni, dove altre due coppie accampate, stavano già cercando di dormire un po’. Cosa che io proprio non riuscivo a fare, nonostante la stanchezza infinita. Dovevo solo aspettare tre ore circa che aprissero i check-in. Dopo ben 15 minuti seduta per terra. così per prendere un altro po’ di freddo, metti che non bastasse quello preso prima, il panino ha deciso non solo di non andare più giù, ma addirittura di tornare. Diciamo che l’ubicazione vicino ai bagni mi ha salvato.
Dopo aver lasciato in Islanda il meglio di me, ho ripreso la mia postazione, mi sono messa le mie cuffie e ho messo su qualche puntata.. Almeno finché non sono stata interrotta dal ragazzo che dormiva poco più in la di me, che attraverso alcuni gesti che non lasciavano spazio all’immaginazione mi avvisava che stavo usando le mie cuffie con un’utilità puramente estetica (esatto, non avevo attaccato il bluetooth! Ops!).
Ho dormito la bellezza di 45minuti, prima che un addetto dell’aeroporto venisse ad informarmi che stavano aprendo i check-in. Ho ripreso conoscenza e sono corsa, non vedevo l’ora finisse tutto. Al check-in ci saranno state 800 persone, non capivo nemmeno da dove uscisse tutta quella gente, l’Islanda non ha nemmeno la capacità di accoglierne così tante. I quarantacinque minuti di tornelli per arrivare al check in, per una che soffre di ansia, stanca e sveglia da non so più quante ore, sono stati un inferno. Non so nemmeno quante volte ho pensato di scappare dalla fila… ma non potevo, perché le persone nel frattempo erano diventate almeno mille, e perché dovevo accorciare il più possibile il tempo di ritorno a casa. Con un po’ di puntate e qualche respirazione profonda anche il check-in è andato.
E anche il primo volo.
Arrivata a Charles de Gaulle per lo scalo (per fortuna breve), ormai ero sveglia da 33 ore e letteralmente stavo contando le ore per essere a casa, cioè altre 3 al massimo.
Ci hanno fatti sedere in aereo in orario, ovviamente seduta con una famiglia talmente sobria che in confronto quelli di ”Mamma ho perso l’aereo’‘ erano silenziosi, per poi partire con un’ora e mezza di ritardo. ERO FINITA. Fatemi partire cazzo!!!!
Si parte, e io cerco di addormentarmi contando i minuti che mancavano all’atterraggio. Dovevo dormire anche per mettere l’ansia a tacere senza cedere alle gocce. Con uno sforzo non indifferente.
Solo a metà volo vengo svegliata da un annuncio del comandante, in francese, che mi ha fatto maledire non solo la mia ex professoressa di francese perché lo avevo capito, ma anche tutti i santi del paradiso, perché ci informava che causa guasto alle luci avremmo fatto inversione di marcia per tornare a Parigi a riparale. COOOOSA??? Torniamo indietro? Per le luci? No ti prego, non ce la posso fare, ti faccio luce io con la torcia del telefono, ma portami a casa… abbi pietà!
Niente, si torna indietro.
Un incubo. E il problema era che non avevo più idea di quando saremmo ripartiti.
Altre due ore di volo e un’altra ora di attesa fermi in aereo a Parigi, per poi ripartire.
E dopo ben 52 ore di viaggio, ho varcato l’uscio di casa.