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I cinque uomini che ogni donna ha dovuto affrontare

I cinque uomini che ogni donna ha dovuto affrontare nella vita

Non è che non mi piace nessuno, è che non mi piacciono tutti!

Quando avevo 15/16 anni, adoravo i primi appuntamenti.
Quella magia che si trascinavano dietro sia prima che una volta passati. Era tutto una scoperta, tutto una prima volta, tutto un’attesa. Poi con il passare degli anni, ma soprattutto con il passare dei casi umani con i quali mi trovavo costretta ad uscire, quella magia sfumava.
Per carità, non sempre, eh, sennò avrei smesso. Ho avuto anche io la mia buona dose di farfalle nello stomaco, che poi ad una certa però si trasformavano puntualmente in cavallette… E diciamo che iniziavo quindi a pensare che tutta quella storia del principe azzurro, fosse in realtà solo una grande montatura.

D’altro canto c’era da aspettarselo, come ho già detto nel post dedicato a quel sadico malefico di Walt Disney: uno bello, gentile e in calzamaglia, o è gay o è pura fantasia.

Nella pratica comunque i primi appuntamenti sono un po’ un mix tra la legge dei grandi numeri e la legge di quell’inguaribile ottimista di Murphy. «Se qualcosa può andare male, lo farà»: di conseguenza, più primi appuntamenti avremo, più la probabilità che vadano male tenderà all’infinito.
Che bello eh! Eh lo so si..

Loro l’hanno fatta tanto lunga con ‘ste leggi, ma in realtà poi il tutto era facilmente sintetizzabile con un classicissimo:
«Mai ‘na gioia».

I cinque uomini che ogni donna ha dovuto affrontare nella vita

Ma torniamo al punto. Per quanto le donne amino professarsi libere e indipendenti dagli uomini, passiamo tutte prima o poi quel periodo, volgarmente detto “di magra”, che sta esattamente tra il “Non ho bisogno degli uomini, sto benissimo così!” e l’astinenza forzata, quella che porta alla spesa fatta solo di patatine, cioccolata e film con Ryan Gosling. (Dio ce ne scampi!)

Ed è proprio in quel periodo che ci torna un po’ quella voglia di riprovare l’emozione che solo un primo incontro sa darti.
E allora iniziamo ad abbassare la guardia, ma soprattutto i nostri standard di selezione e accettiamo qualche invito in più.

E via che parte la promenade di casi con i quali almeno una volta, TUTTE abbiamo avuto a che fare.

Il fico.

Fisico (e cultura) da tronista. Sì, sì, proprio lui. Quello “così carino da vedere” che poi però sarebbe meglio non parlasse.

Sono quelli baciati da madre natura per quanto riguarda l’aspetto estetico, ma che quando distribuivano cervello e carisma erano in fila per i casting del Grande Fratello.

Ebbene sì, è capitato a tutte. Lo vedi in un locale, troppo carino, impossibile stia guardando proprio te e invece… I giorni dopo lo stalkerizzi attraverso le foto della serata nel locale, lo trovi, gli mandi la richiesta di amicizia e lui ti scrive. Che emozione! «Ti ho notata ieri sera, se avrei avuto coraggio ti offrivo da bere!» Ah. Ok.
CHECAZZOPERO’, era così carino!!! Che spreco!

Se avete la sfortuna di scoprire durante un appuntamento che è solamente carino da vedere, invece, allora o scappate o trovate un modo per farlo tacere… In fondo è carino e poi, dai, un limone non si nega a nessuno.
In più avete comprato un rossetto nuovo per l’occasione, quindi, se anche l’appuntamento è andato male, tanto vale approfittare della situazione quantomeno per testarne la resistenza.


Lo stalker.

Il primo appuntamento non è neanche andato così male. Il problema è il post.
Il bello dei primi appuntamenti, prima dell’attesa, è proprio il dopo. Quando inizia il gioco di tira e molla per chi scriverà per primo… Tu aspetti lui, lui aspetta te, intanto si conosce altra gente, ci si sposa, si fanno figli, arrivano i nipoti.

No, scherzo…
Però un po’ di attesa ci vuole. Un po’ di desiderio. Con lui invece è impossibile. Messaggio della buonanotte, del buongiorno, del buon pomeriggio, (KAFFEEE’1!1) della buonasera, intervallati da almeno trenta chiamate e circa un centinaio di «Allora, quand’è che replichiamo?». Mai. Mai. Mai. E forse ancora MAI.
Le basi, proprio!


Il ‘focoso’.

Per non dire altro perchè sono una very signorina.
Barney Stinson è il tipico focoso: un obiettivo solo in testa.

Ecco, questo genere ha due sottocategorie: il playboy o il “morto di figa”. A voli la scelta su quale sia peggio. Hanno entrambi lo stesso unico obbiettivo per la serata, ma semplicemente modi diversi per raggiungerlo.

Il playboy è perfettamente consapevole delle sue capacità: sa che siete uscite con lui e quindi il più del lavoro è fatto, deve solo giocarsela bene.
Sarà dolce e carino per tutta la sera, o almeno finché non capirà che “non porterà a casa il risultato”. Allora verrà fuori tutto il suo lato sincero. Perderà interesse nella serata, inizierà a guardarsi intorno, a guardare l’orologio, finché non proporrà di andare.
Che dolce!
Per l’altra categoria invece sarà tutto un allungare le mani e tentate l’approccio fisico, finché non saremo noi, sfinite, a proporre di andare.
Sono solamente due facce della stessa moneta, da 0.01 cent per l’esattezza.


Il social

A tavola col cellulare in mano. Selfie allo specchio di casa prima dell’appuntamento, stories in macchina mentre si reca all’appuntamento, selfie assieme, foto del piatto, foto del drink, foto dell’arredamento del locale… Cellulare sempre a portata di mano, difficilmente riuscirete a vedergli il colore degli occhi e già a metà serata se ne uscirà con un «Ti aggiungo. Hai FB/Twitter/Instagram/Vine/Google+/Linkedin?»

«Mmmh, no, però se ti può interessare interagire con me sono proprio qui di fronte a te!» Quando vuoi eh!

Il narciso

Quello che si cura più di noi. Magari a prima vista non avevate fatto caso ai dettagli, ma una volta di fronte a lui vi accorgerete delle sopracciglia appena fatte, delle mani curatissime, del petto depilato e chissà che altro..
Però oh, se siamo fortunate a fine appuntamento magari riusciremo anche a scambiarci il numero dell’estetiste.

Ad alcune di noi non dispiace questa categoria, almeno fino a che lui non inizia a fare storie perché dopo una settimana pesantissima, di lavoro no-stop, vi siete dimenticate di depilarvi quei tre peli che avete sull’avambraccio. Occhio perché dal primo appuntamento al chiedergli se in borsa ha un assorbente da prestarvi è un attimo..

Quindi sì. Buon #SingleDay a tutte quelle che sono sopravvissute a tutto questo e hanno avuto il coraggio di continuare a provarci.

bullismo

Ad ognuno il proprio bullo

Ad ognuno il proprio bullo

Viviamo in un mondo dove, quando una cosa non ti colpisce in prima persona, non esiste veramente.
Non nel tuo mondo quantomeno o in quello che vuoi far credere alla tua mente.

Una volta ho letto che il 90% di noi, quando per televisione passano una pubblicità di quelle che ti fanno venire gli occhi rossi e lucidi e il magone in gola, con bambini affetti da malattie incurabili o che muoiono di fame, proprio mentre noi stiamo immergendo per l’ennesima volta la mano nel nostro pacchetto di patatine… cambiamo canale.
Istintivamente.

Il nostro cervello sa che non vogliamo vedere quelle cose, perché ci provocherebbero delle reazioni, delle domande, alle quali non vogliamo rispondere, tipo ‘Che cosa potremmo fare noi?’, e siccome il nostro cervello sa anche – perché gliel’abbiamo insegnato noi e non perché sia la verità – che la risposta è sempre ‘Niente!’, cambiamo canale, senza nemmeno accorgercene, alla velocità della luce.
Come dicevo.. quello che non vediamo, non esiste davvero nel mondo.

Il video dell’orso polare, deperito, stanco, sfinito da sto mondo di merda che prima di quel video non sapeva nemmeno della sua esistenza.. ve lo ricordate? O vi ricordate semplicemente il fermo immagine usato per i post su fb?
Perché la maggior parte di noi, non l’ha visto, non è riuscito a vederlo, gli è bastato il fermo immagine per provare il nodo alla gola… qualcuno di noi ci avrà riflettuto su, qualcuno magari l’avrà fatto un po’ di più, avrà deciso di andare a lavoro in bici o di non intasare le strade di code kilometriche nel weekend o di smetterla di portare i bambini negli zoo. Ma poi.. spallucce.
“La macchina mi serve’’
“Mi piace stare in doccia per ore lasciando l’acqua scorrere”
“E’ bello che i bambini vedano gli animali da vicino’’
“Eh ma se devo star attento a tutto, non vivo più’… ok.
Ok tutto. Siamo umani. Ma allora, a mio parere, i sensi di colpa non ce li possiamo permettere.

Il bullismo per esempio è venuto a galla da pochi anni, prima era semplicemente un dramma silenzionoso di cui nessuno parlava.
Io per prima, l’avevo sepolto da tantissimo.

Ad ognuno il proprio bullo

Ebbene si, ne sono stata ‘vittima’ e nemmeno lo sapevo, perchè quando ero piccola io non se ne parlava, non c’erano smartphone a riprendere, non c’erano servizi al tg, non c’erano persone che venivano delle scuole a dirti ‘Non dovrebbe funzionare così’.
Per come la vedevo io e per come l’ho vista anche negli anni dopo – nei quali il mio cervello ha cercato da solo di elaborare e cercare un posto corretto dove archiviare quel ricordo – era la normalità. Certo una normalità non piacevolissima, ma si insomma.. qualcosa per la quale tutti dovevano passare nella vita, che ti tempra, un rito di passaggio.

O no?!

Poi hanno iniziato ad arrivare servizi al Tg, sempre più frequenti.. nei quali i ragazzi in questione arrivavano al suicidio.
Ma come ‘Si è suicidato’?
‘E’ morto un ragazzo per delle prese in giro? No dai, non è possibile, ci sarà stato altro sotto.’

E allora il mio cervello di 30 enne, ha iniziato a scavare.. iniziando dal più classico dei ‘Tu cosa avresti fatto se fosse successo a te?’.
‘Un momento… a me ‘è’ successo. Si ma dai non era così…’

E invece si, era esattamente così. Solo che non lo potevo sapere.
Prese in giro, emarginazioni, botte, merende rubate, cattiverie gratuite. E allora mi sono ricordata, di quando tornavo a casa, piangendo, vergognandomi al punto da non riuscire a spiegare a mia madre che non volevo andare a scuola il giorno dopo, ma che ovviamente dopo un ‘Ma dai cosa vuoi che sia su.. per ste cose. Scherzano!’, tornavo eccome a scuola il giorno dopo.

Ed era giusto così. Era la normalità no?

Si scherzava, non importava quanto male potesse fare un livido o lo star da sola, se non volevo più mangiare dopo un ‘Cicciona’ di troppo… era semplicemente normale.
Ma non lo era.

Facile dirmelo adesso che ho trent’anni. Che è solo un ricordo. E che forse, sono stata anche fortunata alla fine.

Facile ora. Ma se rivedo nel flashback la me di 8 anni, circondata da quelle cinque ragazze, dietro quel maledetto albero che ci nascondeva dalle maestre, sballottata come una trotttola tra uno spintone e un insulto… cosa dovrei dirle? Quello che mi diceva mia madre? O semplicemente ‘Tieni botta, finiranno. Passerà’. ?

Le ragazze in questione ora sono cresciute – come me d’altronde – alcune sposate, altre con figli, ragazze normalissime come me credo, ci salutiamo di sfuggita se ci incontriamo (seppur sempre forzatamente), con le quali forse potrei anche andare d’accordo ora.. eppure non ci sono mai riuscita. So per certo che è reciproca la cosa, e ancora più per certo, so che loro di queste cose, nemmeno si ricorderanno.
E se invece dovessero ricordarlo, non sarà altro che un ‘Ma si per ste cose.. cosa vuoi che fosse, si scherzava’.

Perchè è così, che importanza ha adesso? Nessuna probabilmente, è vero.

Ad ognuno il proprio bullo

Facile dirlo ora che ho trent’anni. Ma se ne avessi 8? o 12? o 16? Adesso è ancora più difficile avere quell’età.
Gli 8 anni di adesso, non sono quelli che avevo io. Adesso il mondo è ancora più crudele, perchè non si limita al ferirti, ma lo vuole anche far sapere a tutti.

Questo articolo – così come tutto ciò che scrivo – è fine a se stesso. Non vuole avere o fare la morale a nessuno. Semplicemente sono riuscita a mettere nero su bianco una cosa che forse, ora che ho trent’anni, mi risulta piu nitida e facile da affontare con questo mondo e non solo con quello chiuso nella mia cameretta dell’epoca.
Magari alcuni di voi hanno avuto la stessa esperienza nella vita, lo stesso ‘rito di passaggio’, senza nemmeno saperlo davvero.
Molti di noi hanno o avranno figli tra non molto, e nulla… magari vorremmo trovare un modo di risparmagli tutto questo. Io purtroppo non ho una soluzione.. credo soltanto che prendere coscienza potrebbe essere già una piccola risposta alla nostra domanda ‘Cosa potrei fare io?’.

Anche perchè, se noi siamo la generazione che cambia canale, allora dovremmo pur crescere qualcuno che sto mondo lo voglia cambiare…