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Tour del Marocco da Fes a Chefchaouen

Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes,

Volubilis e Bhalil 

Chefchouen, 01 Ottobre 2018
Avete presente quando siete in vacanza, dormite senza l’ansia di dovervi svegliare presto e anzi vi svegliate addirittura senza la sveglia, perché talmente impazienti di vedere posti nuovi, volti nuovi, di provare gusti nuovi.. ecco per me in Marocco è stato così. Ma con più bestemmie. La sveglia, soprattutto a Chefchouen, non mi è proprio servita, anzi l’unico uso che ne avrei fatto volentieri, sarebbe potuto essere lanciarla addosso all’altoparlante che alle 5.23 di mattina si è messo a trasmettere il richiamo alla preghiera, proprio fuori dalla nostra finestra.

chefchouen  viaggio marocco

Lo so, lo so, sono blasfema, Allah perdonami, ma oh non è che puoi sveglià uno alle 5.20 del mattino per pregà. Uno c’avrà pure da lavorà durante il giorno, da fa’ cose, non è che puo’ vivere di solo caffè. Con rispetto parlando eh.
Diciamo che comunque per farsi perdonare dalle sveglie poco piacevoli, compensano sempre con le colazioni. Tutte rigorosamente fatte sulle terrazze, sempre con baghrir( simile al pancake ma più umido e spugnoso, che detto così non invoglia granchè, invece vi assicuro che potreste mangiarne a tonnellate, soprattutto perché dovrete provarli prima con il burro e la marmellata, poi con il burro e basta, poi con l’altra marmellata, poi oddio basta sto male.. vomiterò durante il viaggio!), poi il loro buonissimissimo the alla menta, il loro pane, da mangiare con il burro(nel caso ancora non steste male dopo i baghrir) , poi caffè, yogurt, olive (Olive?! Si olive!! Ci sono, non vorrete lasciarle là no?).
Si insomma, dopo aver fatto scorta di cibo, manco fossimo nel primo dopoguerra, abbiamo raggiunto la macchina. Direzione Meknes, ma con alcune tappe intermezze.

Meknes marocco tour
La prima Moulay Idriss, definita anche Città Santa o la Mecca dei poveri soprannominata da me. Madò andrò all’inferno dopo sto articolo, me lo sento.
Avevamo la guida, un ragazzone locale, vestito con il tradizionale Kamis ( il camicione lungo classico), e sì l’ho ascoltato volentieri. Ti trasmetteva marocchinità e mi piaceva come ci mostrava la vera quotidianità. Come quando ci ha portati a vedere un Hammam, una sauna, di quelle vere. Non era in programma nella visita, semplicemente ci siamo passati davanti e ci siamo incuriositi, allora abbiamo chiesto alle signore sedute sugli scalini che portavano sottoterra, se potevamo andare a vedere e siamo scesi. O come quando siamo passati davanti al ‘forno’, il panificio, (ogni quartiere ha il suo) e il fornaio aveva appena sfornato il pane, lo stava caricando sul carretto, per poi andare in giro per la città a venderlo. Il ‘ragazzone’ ne ha preso uno, ne ha spezzato un pezzo per lui, dopodiché ha iniziato a passarcelo, spiegandoci che avremmo dovuto spezzarlo con le mani, mai con il coltello.. e condividerlo. Avevamo appena finito di pranzare, quindi mangiare un pezzo di pane non è che fosse proprio il digestivo ideale, ma era offerto e soprattutto era ancora caldo di forno. Buonissimo.

pane marocco viaggio

Ma comunque stavo dicendo, l’ho ascoltato, perché era davvero interessante.. generalmente ho una soglia bassissima di attenzione verso le notizie di cultura generale (CAPRA! CAPRA! CAPRA!), invece ho ascoltato volentieri.
E mo’ spiego anche a voi, come quando ripetevo a voce alta prima di un’interrogazione, con gioia di mia madre. E’ chiamata Città Santa, perché si trova qui la tomba di Moulay Idriss per l’appunto (ritenuto discendente diretto di Maometto), dunque meta di molti pellegrinaggi. Ecco beh se non lo sapeste ogni mussulmano, che voglia definirsi veramente tale, ha l’obbligo almeno una volta nella vita di fare un pellegrinaggio alla Mecca. Il problema è che un pellegrinaggio alla Mecca, dal Marocco, costa circa 7000€. Considerando che lo stipendio medio di una persona in Marocco è di circa 2000 dirham al mese (circa € 200), capite bene che non è proprio fattibile per tutti.
E quindi c’è questa sorta di escamotage, che permette di fare questo pellegrinaggio a Moulay Idriss, comunque città Santa, e risparmiarsi 7000€ .
Vi ho già persi vero!? Vi siete fermati a ‘interrogazione’? Ho finito con la cultura tranquilli.
Della città in sé non c’è qualcosa in particolare da visitare, io semplicemente ho apprezzato il giro a zonzo per la città, una città vera, non propriamente turistica e anche la vista dall’alto. Meritavano davvero.
Finito qui, via di nuovo in macchina, ma solo venti minuti.

Fino a Volubilis, sito archeologico del primo insediamento romano in Marocco.

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Volubilis marocco viaggio

Vi ho persi di nuovo vero? Lo sapevo che la parola ‘sito archeologico’ avrebbe impaurito tutti. Aveva impaurito anche me quando ho saputo che era in programma.
Invece, bello bello si, ma la cosa eccezionale di quel posto è stata la guida. UN MITO. volubilis marocco
Anziano, con lo sguardo saggio e che trasudava cultura sotto quel Kamis azzurro (divisa d’ordinanza per le guide del sito), ma soprattutto con una classe incredibile. Ci ha accompagnato per tutto il sito archelogico, spiegandoci il perché di una colonna piuttosto che di un’altra, o di un mosaico anziché un altro. Fino a che non siamo arrivati nel punto, sul quale ‘sorgevano’ i resti di quelle che una volta erano le terme, si distende, si mette comodo imitando quello che avrebbero fatto anche i romani al tempo ed esordisce con ‘ Ecco una volta si sedevano qui, si rilassavano nell’acqua termale, sorseggiavano vino… mancherebbe solo una cosa per rendere il momento perfetto, una gazzellina!’, COSA CAZZO HO APPENA SENTITO?! Una gazzellina? Lo ha detto davvero?! Ma come una gazzellina? Intende quello che penso io??volubilis marocco viaggio
Si, intendeva proprio quello. E lo ha detto, senza perdere nemmeno per un secondo tutta la sua classe.
Stessa cosa, quando siamo arrivati sulle rovine di quello che era il bordello della città, e dove ha convinto un turista (ovviamente italiano) a toccare il calco fallico che si trovava proprio tra le rovine (non chiedetemi perché si trovasse li, ma d’altronde era un bordello). Beh il malcapitato, convinto che avrebbe portato fortuna, lo ha toccato davvero. Quella vecchia volpe della guida, non ha battuto ciglio, ma dentro di lui so’ che stata ridendo, tantissimo. E io con lui.
Salutato il vecchietto, siamo risaliti in auto, direzione Meknes, dove avremmo dormito. Sulla città non mi soffermerò molto perché, esclusa la grande piazza centrale e il mercato tipico, non c’era molto da vedere. Il mercato comunque meritevole, soprattutto per il fatto che gli unici turisti presenti eravamo noi, quindi decisamente caratteristico.

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Mi soffermerò però sul Riad eccezionale dove abbiamo alloggiato. Riad a gestione familiare, gestito per l’appunto da una coppia di autoctoni e dalla loro famiglia. Sinceramente, descrivere la bellezza del posto, credo sia pressoché impossibile… meknes marocco riadL’ingresso enorme, i divani in stile arabo, il solaio altissimo, le piante rampicanti sui muri, addirittura gli uccellini che si appoggiavano ai corrimano delle scale, ma soprattutto la cordialità e l’accoglienza dei due titolari, che appena siamo arrivati ci hanno fatti accomodare e ci hanno subito portato del thè alla menta appena fatto. Per poi accompagnarci a vedere le nostre stanze, anche queste curate in ogni minimo particolare. Eccezionale.  (Riad Bahia, Meknes)
Per la cena ci sono state proposte due opzioni; la prima, uscire e mangiare qualcosa alle bancarelle del mercato, la seconda mangiare in Riad. Ora, io generalmente in una scelta del genere avrei sicuramente scelto il mangiare qualcosa di locale in una bancarella a zonzo per il mercato, ma non quel giorno.
Appena messo piede in Riad, la prima cosa notata è stata la cucina a vista, una classica cucina, in mattoni e sicuramente vissuta, dove intente a ‘trabaccare’ c’erano due signore anziane, presumibilmente le nonne di famiglia.

meknes riad marocco cucina

ph. Carlo Zanetto

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Quindi alla domanda di Lisa, se volessimo mangiare fuori o se invece preferissimo mangiare qualcosa di cucinato proprio dalle signore di casa, la risposta è stata nettissima, senza nessuna esitazione. E mai scelta fu più azzeccata. D’altronde se un turista vi chiedesse un consiglio su dove mangiare qualcosa di tipico e voi aveste la possibilità di fargli assaggiare la cucina di nonna.. che fareste? Ecco appunto.
Cena deliziosa. E un’ospitalità ancor di più.

Purtroppo però dopo cena, la giornata intensa iniziava a farsi sentire, quindi dopo un paio d’ore di chiacchiere, tutti a nanna.

Meknes, 02 Ottobre 2018

meknes Fes colazione marocchina Marocco
Ovviamente, se la colazione in tutti i Riad è stata qualcosa di meraviglioso, in questo lo è stata ancora di più. Quasi quasi mi sarei fatta un’altra giornata lì, solo per rimanere incantata a girarmi intorno per il Riad sorseggiando Thè alla menta. Ma no, la giornata prevedeva altrettante tappe, che ero ben curiosa di visitare. Quindi daje, tutti in macchina!

Prima tappa: Ifrane. Unica peculiarità; il fatto che non sembra per nulla di essere in Marocco, è chiamata la Svizzera del Marocco. Comprensibile; pulizia impeccabile, aiuole tagliate a regola d’arte, chalet in tipico stile alpino (…?…) e soprattutto case con il tetto spiovente, cosa che non si vede spesso in Marocco. Per non parlare poi del fatto che ad un certo punto della passeggiata per la città, abbiamo trovato un mucchietto di neve/ghiaccio…superstite da una nevicata recente, giuro, era neve!! Quindi si, a pochi passi dal vero Marocco, c’era la vera Svizzera.
Seconda tappa: Azrou, o meglio abbiamo semplicemente fatto visita ad una colonia di scimmie. Libere, ma totalmente abituate ai turisti e ovviamente consce del fatto che ogni giorno qualcuno porti loro un po’ di cibo. Sicuramente bello vederle da vicino, ma tappa non indispensabile a mio parere. Anche se alcune erano così cariiiine!Terza tappa: Bhalil, ecco questa città racchiude tutto ciò che io davvero mi aspettavo di vedere in Marocco. E’ la città dei bottoni e lo potrete facilmente intuire dal fatto che fuori da ogni casa, o sedute in qualche angolo, le signore del paese, sono intente a confezionare bottoni (a velocità supersonica tra l’altro) , da cucire poi su Caftani e Djallaba.djallaba marocco bahlil
Bellissima l’atmosfera che si respira, dovuta soprattutto al fatto che non ci sono turisti, forse forse uno a settimana e probabilmente solo perché si è perso. Splendide anche tutte le case, incastonate nella roccia, essendo un paesino di montagna. I bambini che giocano. Le signore anziane, dall’aria saggia che si fermano a chiacchierare con te e tu vorresti capire cosa ti stanno dicendo ma non capisci una mazza.. annuisci e basta.

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

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E poi il Thè alla menta. Si lo so ancora, ma vi assicuro che se vi portano nel salotto di una casa locale, seduti intorno al tavolo e un passo alla volta vi mostrano tutta la tradizione che c’è dietro ogni tazza di quel thè, vi assicuro che non vi andrà in disgrazia facilmente…

Ultima tappa, forse la più importante e anche la più turistica. Quella che il primo giorno non mi aveva convinto particolarmente anzi, ma che ora aveva forse qualche possibilità di recuperare. FES.

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Siamo arrivati, giusti in tempo per farci una doccia veloce e uscire poi a cena, eravamo tutti stanchi, ma era una serata troppo bella per sprecarla a dormire presto, quindi dopo la cena abbiamo approfittato della bellissima terrazza del Riad, dalla quale si poteva avere un panorama mozzafiato di tutta la città in modalità notturna… e per due ore buone, siamo rimasti lì, a raccontarci storie di vita e di viaggi. E a goderci tutti i rumori della sera a Fès.

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https://www.instagram.com/carlo.zanetto/

Fès, 3 Ottobre 2018
Avevamo il volo di ritorno nel tardo pomeriggio, quindi avevamo un’intera mattinata da dedicare alla visita guidata per Fes (‘’Come visita giudata?? Nooo che palle?’’ E invece no, anche io pensavo… invece è stato decisamente meglio così, primo perché girare da soli per la Medina di Fes equivale al perdersi dentro un labirinto, e secondo perché visitarla con una guida locale, al quale rompere i coglioni con domande a volte anche indiscrete (tipo sull’omosessualità, o sul tradimento o su altre cose non proprio ben viste o delle quali parlano volentieri), è decisamente soddisfacente, ti da la sensazione di averla vista e vissuta al meglio che potevi).

Tour del Marocco: Fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Ebbene si, confermo quello detto all’inizio; Fès è una città che cambia dal giorno alla notte, trasuda cultura, e la medina con le sue bancarelle di qualsiasi tipo è qualcosa di eccezionale da vedere. E’ caotica, rumorosa, piena di odori e profumi. E poi i colori… colori ovunque. Nessuno di noi è abituato a così tanti colori tutti assieme.
Le botteghe di artigiani, i sarti, i forni, le persone intente a fare la spesa quotidiana… questo è il Marocco.
Una delle mete più ambite per i turisti che visitano Fès, restano sempre le concerie. Uno spettacolo a dir poco inconsueto e anche un po’ nauseate (odore terribile, ma mi aspettavo molto di peggio, invece è stato sopportabile, all’entrata comunque vi muniscono di un rametto di menta da sniffare mentre osservate dall’alto).Fes pelle lavorazione
‘E’ uno sporco lavoro, ma…’ Ecco si questo è davvero uno sporco lavoro. Esiste da più di mille anni; lavoratori a gambe nude, immersi in queste cisterne piene di colori diversi, intenti a pulire, a tingere e ad asciugare le pelli. E’ davvero uno spettacolo.

fes lavorazione pelle

Solo così si può godere davvero di una città come Fès, venendo risucchiati letteralmente dal caos di strade e stradine della medina, ascoltandone i suoni e annusandone i profumi.

Spero di aver reso abbastanza l’idea, ma se così non fosse vi lascio con questo video, prodotto da Matilde , anche lei in viaggio con noi. Dove non sono arrivata io con le parole, magari vi arriverà lei con le immagini più belle. E se invece nessuna di noi due vi ha convinto, vi consiglio vivamente di visitare la pagina In Marocco con Lisa, di scegliere il tour che più vi ispira e di constatare voi stessi, quanto può essere incredibilmente affascinante il Marocco.

Se vi siete persi la prima parte del tour la potete ritrovare QUI

volubilis marocco

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

Appena concluso un tour del Marocco di 4 giorni, da Fes a Chefaouen, passando da Volubilis, Meknes e Bahlil

Il diario è pieno zeppo di sensazioni e immagini, come anche i miei occhi. Ma prima di trascriverle, vorrei fare un paio di premesse.
La prima in assoluto, quella più importante, è che io non sono una guida turistica.

Non faccio elenchi di città, musei, monumenti, ristoranti. Nemmeno la storia della città. Ancora meno spiego i perché di una cosa piuttosto che di un’altra. E non sono una Travel Blogger. O meglio si, ma non una di quelle che vanno tanto adesso. Non sono figa, ne’ tantomeno fotogenica, quindi nessuna foto su sfondo bellissimo con il braccio teso all’indietro verso il fotografo, nessun outfit pazzesco da sfoggiare per le viuzze delle città visitate e no non bevo FitTea, sono ferma ai 58 kg da quando ho compiuto 26 anni, nulla mi può schiodare da li.

Io viaggio e racconto il mondo che vedo, come se lo raccontassi a me di nuovo tra qualche anno. Perchè scrivere nel diario è così per me, da sempre. Scrivo e posso rileggere e rivivere quando voglio.  

La seconda premessa, anche se non meno importante, è che questo viaggio mi è servito sotto molti punti di vista. Come qualcuna saprà e qualcuna no, è stato un anno impegnativo.. ho conosciuto gli attacchi di panico e come faccio sempre, ci ho scritto su. Scoprendo che non solo non ero la sola, ma che anzi, la maggioranza li aveva già conosciuti prima di me.

Beh per uno che ama viaggiare, o ‘vivere’ in generale, il panico è una tortura. Una cosa che prima avresti fatto ad occhi chiusi, ora diventa una sorta di Everest da scalare in infradito.. nella tua testa. E basta. Perché nella realtà è ancora una cosa che potresti fare ad occhi chiusi. Ma non lo sai. Perché la paura è una merda che ti offusca tutto.

‘Viaggiare? No non posso farlo, non ce la faccio. E se sto male in aereo? O in macchina? E se gli altri non comprendono cos’ho? NO, non posso farlo.’
Invece come direbbe Frankestein Junior: SI PUO’ FARE!

Ci tenevo a dirlo, soprattutto a tutte quelle ragazze che mi hanno scritto dopo aver letto quello che avevo scritto sulla paura, di quanto si sentissero sole e invalidate a fare le cose che più amavano fare. E’ vero sembra impossibile farsela passare e ritornare ‘Normali’. Ma sappiate che abbiamo solo paura di ‘ipotesi’, di un ‘E se..’. La realtà è molto diversa…

Beh faccio prima a iniziare a raccontarvela.  

E DUNQUE BUON VIAGGIO!

marocco aereoporto fes

Fes, 29/09/2018

Arriviamo all’aeroporto di Fes al tramonto, e che tramonto. Ma anche fosse stato un cielo nero o ‘normale’, il mio cuore sarebbe stato comunque strabordante di quell’aria frizzante che ti riempie i polmoni appena metti naso fuori dal un aereo .

In aeroporto tra un controllo e l’altro abbiamo iniziato a fare amicizia con gli altri membri del gruppo, con i quali avremmo condiviso il viaggio. Pochi, ma a mio parere buoni.
Ci è andata di culo in sostanza.
Mentre una volta fuori abbiamo conosciuto anche Lisa, che sarebbe stata la nostra guida oltre che organizzatrice del tour.  

Personalmente odio i tour organizzati e quindi le guide. Non amo viaggiare in compagnia, tantomeno con qualcuno che mi dice ‘dove andare e cosa fare’, quindi ero molto scettica inizialmente. Soprattutto perché viaggiare è una delle cose al mondo alle quali tengo di più, quindi se non fosse andata bene, mi sarei, come dicono in Francia, mangiata una merda.
Io viaggio sola e nella mia testa, la concezione di guida, è un locale, conosciuto per caso una sera, ci bevi qualcosa assieme e che si offre di farti vedere la ‘sua’ città. Solo cosi secondo me puoi davvero ‘viverti’ una città che non sia la tua. D’altronde se ci pensate, quando vedete un turista nella vostra città, mentre fotografa la statua o la chiesa più importante, non vi viene subito da pensare che non è così che può conoscere davvero la città..  e che voi sì che gli fareste davvero assaporare la vera vita del posto, se gli faceste da guida?

Farsi raccontare una città, come voi raccontereste la vostra.

Questo vorrei da una guida. E quasi mai è così… ore e ore passate ad ascoltare spiegazioni sul perché la facciata di questo o quel palazzo siano di un colore o di un altro.  DU COIONI.

Quindi come dicevo, nella mia testa i tour organizzati non sono contemplati. ANZI.

Con Lisa mi sono dovuta ricredere. E’ stato come fare un viaggio con un’amica di vecchia data, che vive qua da molto tempo e decide di ospitarti per qualche giorno. Nessun tempo morto, nessuna spiegazione pallosa e soprattutto nessun vincolo, di nessun tipo.

Arriviati in Riad, (l’equivalente del loro albergo, ma in stile arabo) abbiamo semplicemente lanciato le valige nelle stanze e nonostante la stanchezza, siamo usciti. Non vedevo l’ora. Chi viaggia conosce quella sensazione. Quella impazienza di mettere a confronto la realtà, con ciò che ci siamo solo immaginati fino al giorno della partenza.

Ecco, diciamo che non è andata proprio benissimo la prima sera.

Eravamo in cinque quindi ero tranquilla, ma ammetto che se fossi stata da sola, la passeggiata notturna per le vie della Medina (il centro storico), per quanto affascinante, l’avrei saltata a pie’ pari. Nonostante Lisa ci avesse detto che non c’era nessun motivo per avere paura (e probabilmente aveva ragione), ma a sensazione… mmm anche no!!! Avevo meno paura girando da sola a New York.. ma ripeto, sono sensazioni semplicemente.

Durante il giorno c’è il mercato, cioè un vero e proprio marasma di gente, profumi e negozietti a misura d’uomo. La sera invece, quando le bancarelle chiudono,  rimane solo sporcizia e desolazione.. Ma più sporcizia, molta sporcizia. Madò che snobdimerda che sembro quando dico ste cose, manco fossi la Regina della casa io poi… No, però non mi piace nemmeno far finta che non sia stato quello il mio pensiero. Il punto é che noi siamo abituati ad una realtà, molto diversa dalla loro, sotto molti punti di vista.. E la pulizia é uno di questi. 

Poi gruppetti di persone sparpagliati qua e là a fare.. A fare.. 🤔.

Mmm, ad essere onesta ora che ci penso non saprei dire cosa facessero. So che non bevono alcolici, ed essendo io veneta non riesco quindi a trovare una spiegazione al perché si trovino ad uscire alla sera..

Vabbè comunque dicevo.. Sporco, gruppi di gente astemia.. E gatti. GATTI EVERYWHERE. Se siete dei gattari, dovrete combattere giornalmente contro il vostro istinto, di toccarli o addirittura di aiutarli, quando in un vicolo buio e stretto vi passerà a fianco un micio di circa 3 giorni, con gli occhietti ancora chiusi e tutto spellachiato, in cerca di qualcuno che possa fargli capire dove si trovi e perché in quelle condizioni. OHMIODIO MACHE CARINOOOOOO, VIEN…NO, NO NO RESTISTETE!

Si insomma ok, diciamo che la prima sera non sono rimasta proprio positivamente colpita.. 

La notte però, porta via comunque la stanchezza e nel frattempo gli asini netturbini  portano via la spazzatura. Asini netturbini si, non ho sbagliato a scrivere, sono proprio asini che passano di notte per le vie e tirano su le immondizie lasciate durante il giorno. Da non confondere con gli asini fattorini, che portano a casa la spesa dal mercato. O gli asini tassisti..

Ma comunque… dopo l’originale sveglia che usano loro alle 5.25 del mattino, ovvero il richiamo alla preghiera fatto dal Muezzin, che a mio parere è stato più un richiamo alla bestemmia…. (5.25 DEL MATTINO. MA Scherziamo!??) Ci aspettava la  colazione marocchina dalla splendida terrazza del Riad, allego foto, perché con molta umiltà devo ammettere che non saprei descrivere la bellezza del momento in cui abbiamo fatto l’ultimo scalino e siamo usciti sul tetto. Avete presente le mattine d’autunno, ma non ancora fredde, semplicemente tiepide, il sole ancora molto molto timido, che illumina un po’ alla volta tutti  i tetti, i panni stesi, i campanili.. e il classico silenzio della domenica mattina, quello di una città che si sveglia con un po’ più di calma rispetto al caos della settimana. Ecco così.

colazione marocco

Tavolti rotondi, cuscini, caffè, the alla menta, burro, marmellate e Msemen a volontà (pancake marocchini di cui avrei fatto volentieri indigestione).

colazione fes marocco tetto riad

I momenti che ti fanno dire ‘

CAZZO MA QUANTO BELLO E’ VIAGGIARE????

Finita la colazione eccezionale, raccattate le valige (raccattate è italiano? O veneto? Boh vabbè, secondo me  avete capito ugualmente) e via fuori immediatamente.

‘SCUSATE MA… SIAMO NELLA STESSA CITTA’ DI IERI SERA?’

Non so cosa fosse successo nella notte in città, ma al mattino aveva cambiato totalmente aspetto. Come le persone che conosci in discoteca  e che se le rivedi la mattina ti domandi ‘Ma quanto cavolo avevo bevuto ieri sera?’. In ogni viaggio mi succede, e in ogni viaggio lo racconto. C’è sempre la giornata ‘No’, nelle quale ti ritrovi un po’ delusa da tutto, o magari piove o magari hai gli ormoni a palla e piangi a caso, ma la città, non si capisce come, in un modo o nell’altro riesce sempre a recuperare.

Nel caso di Fes ha avuto molto tempo per recuperare, perché il programma del primo giorno era arrivare a Chefchaouen, detta La Perla Blu del Marocco, loro dicono che sia per il colore blu che la caratterizza, ma secondo me è semplicemente perché nessuno è mai riuscito a pronunciare correttamente il nome. Ma io che sono vostra amica vi scriverò la pronuncia, cosi potrete impararlo subito e non fare le figure di merda che ho fatto io per circa un mese.

SCEF-SCIO-UEN.

Generalmente non amo i traggitti troppo lunghi in macchina, soprattutto in un periodo come questo, dove gli attacchi di panico la fanno da padroni. Quindi l’idea di farmi 4 ore di viaggio, in macchina con persone, ancora estranee, lontanissima da casa e in posto nuovo, non mi entusiasmava, per non dire ODDIO CHE ANSIAAA!

Invece, tra lo scrivere, paesaggi incredibilmente belli e qualche sosta per visitare bancarelle disperse in strade in mezzo al nulla.. non mi sono nemmeno accorta del tempo che passava.

MA, può essere anche che il mio cervello abbia subito un blackout, quando ad un certo punto dalla autoradio è partita ‘WWW mi piaci tu’ dei Gazosa. Sì, avete letto bene. WWW MI PIACI TU DEI GAZOSA???? In mezzo al nulla cosmico di una strada del Marocco?  SI.

Credo che a Cartesio sia successa una cosa simile quando si domandò ‘Sogno o son desto?’

Quindi si, può essere che le ultime tre ore di viaggio, il mio cervello le abbia passate ad elaborare la cosa, cercando una spiegazione logica. Chiaramente impossibile da trovare.

I Gazosa?? QUI?! Boh vabbe..

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

Chefchouen, 30/09/2018

E beh, se ci andate, mi sento di consigliarvi due cose.

La prima, svuotare la memoria del cellulare, più che potete, perché ogni tre passi vi verrà voglia di fotografare qualsiasi cosa.

La seconda é NO FOTO NO FOTO NO FOTO, alle persone. Nella loro cultura, le foto rubano l’anima, (un po’ come da noi d’altronde!). Quindi quando vorrete fotografarli, facendo finta di fotografare altro (fine!), sappiate che loro se ne accorgeranno.. E ve ne accorgerete anche voi quando vi malediranno al grido di ‘Allah’nima delimortaccitua”.  

marocco persone chefchouen

Ciò nonostante rimane comunque la città più affascinante di questo viaggio. Sì ‘ affascinante’ credo sia la parola più adatta.

E’ blu. Tutto estremamente, blu. Fin troppo blu. Ad un certo punto, mi sono addirittura chiesta (vista la quantità industriale), perché non pitturassero anche i gatti di blu, per renderli più caratteristici.

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

DRIN DRIN DRIIIN. ORA DI PRANZO. Ebbene si. E siccome per me, uno dei piaceri del viaggiare è proprio provare gusti nuovi, siamo andati a magnà. Sempre ovviamente su consiglio di Lisa e del ragazzo che ci stava facendo da guida quel giorno (.. e li ringrazio per questo).

Segnatevi assolutamente questo nome CAFE’ CLOCK. Tutto buonissimo, ma due le cose da provare nella maniera più assoluta:

  1. L’hamburger di cammello. (introvabile nel resto del paese e sì, non che da noi si trovi facilmente). Delizioso e cucinato in maniera impeccabile.
  2. Bevanda semplicissima dellaqualenonricordoilnome, ma da 10 con lode. (Provate con: Fresh Mint Lemondade. Che voglia se ci penso!)
marocco cosa mangiare carne cammello

Ammetto che ero molto, molto scettica per quanto riguarda il mangiare. Non sono una schizzinosa, anche se nessuno schizzinoso dice mai di esserlo, ma io non lo sono, si ok anche questo lo dicono tutti, BEH IO MANGIO TUTTO. Avevo semplicemente timore di passare il tempo restante del viaggio sulla tazza. Son sincera, non sono proprio il massimo dell’igiene le loro cucine, quindi SI ERO SCETTICA. Beh mi sbagliavo. O comunque occhio non vede..  

Consigliatissimo : Cafe Clock, 3 Derb Tijani, Chefchouen.

Per smaltire il tutto, ma soprattutto per fare indigestione di blu, siamo usciti. E abbiamo iniziato a camminare. Dove capitava; vicoli, bancarelle, piazzette, case.. tutto rigorosamente in tinta. Tutto fottutamente colorato ed estremamente bello.

Soprattutto se riuscite a intravedere qualche scena di vita quotidiana.. Quando non cercano di vendervi qualcosa.

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Qualche anziano seduto, le donne intente a sbucciare fichi d’india o qualche bambino che torna verso casa con il pallone sotto il braccio.. Ecco in quel momento potrete vedere il quadro generale e non più solo il quadretto dipinto di blu, che vendono al negozio di souvenir.

Questo è quello che mi aspetto da un viaggio, scoprire una realtà che non è quella che conosco e nemmeno quella costruita ad hoc per i turisti. Voglio conoscere la quotidianità di altre parti del mondo. Voglio vedere l’anziana andare a fare la spesa con il mulo, o il fornaio sfornare il pane e riporlo su un carretto che porterà poi in giro per tutto il paese, o due gatti randagi dormire avvinghiati dormire sopra un borsone in pelle venduto in una bancarella…

gatti pelle fes randagi marocco

Prossime tappe, Volubilis, Meknes e Bahlil. (per leggerle QUI)
Che non avevo mai sentito nominare (capra capra capra) prima d’allora..

Ringraziamento doverossimo a ‘‘In Marocco con Lisa” 

bullismo

Ad ognuno il proprio bullo

Ad ognuno il proprio bullo

Viviamo in un mondo dove, quando una cosa non ti colpisce in prima persona, non esiste veramente.
Non nel tuo mondo quantomeno o in quello che vuoi far credere alla tua mente.

Una volta ho letto che il 90% di noi, quando per televisione passano una pubblicità di quelle che ti fanno venire gli occhi rossi e lucidi e il magone in gola, con bambini affetti da malattie incurabili o che muoiono di fame, proprio mentre noi stiamo immergendo per l’ennesima volta la mano nel nostro pacchetto di patatine… cambiamo canale.
Istintivamente.

Il nostro cervello sa che non vogliamo vedere quelle cose, perché ci provocherebbero delle reazioni, delle domande, alle quali non vogliamo rispondere, tipo ‘Che cosa potremmo fare noi?’, e siccome il nostro cervello sa anche – perché gliel’abbiamo insegnato noi e non perché sia la verità – che la risposta è sempre ‘Niente!’, cambiamo canale, senza nemmeno accorgercene, alla velocità della luce.
Come dicevo.. quello che non vediamo, non esiste davvero nel mondo.

Il video dell’orso polare, deperito, stanco, sfinito da sto mondo di merda che prima di quel video non sapeva nemmeno della sua esistenza.. ve lo ricordate? O vi ricordate semplicemente il fermo immagine usato per i post su fb?
Perché la maggior parte di noi, non l’ha visto, non è riuscito a vederlo, gli è bastato il fermo immagine per provare il nodo alla gola… qualcuno di noi ci avrà riflettuto su, qualcuno magari l’avrà fatto un po’ di più, avrà deciso di andare a lavoro in bici o di non intasare le strade di code kilometriche nel weekend o di smetterla di portare i bambini negli zoo. Ma poi.. spallucce.
“La macchina mi serve’’
“Mi piace stare in doccia per ore lasciando l’acqua scorrere”
“E’ bello che i bambini vedano gli animali da vicino’’
“Eh ma se devo star attento a tutto, non vivo più’… ok.
Ok tutto. Siamo umani. Ma allora, a mio parere, i sensi di colpa non ce li possiamo permettere.

Il bullismo per esempio è venuto a galla da pochi anni, prima era semplicemente un dramma silenzionoso di cui nessuno parlava.
Io per prima, l’avevo sepolto da tantissimo.

Ad ognuno il proprio bullo

Ebbene si, ne sono stata ‘vittima’ e nemmeno lo sapevo, perchè quando ero piccola io non se ne parlava, non c’erano smartphone a riprendere, non c’erano servizi al tg, non c’erano persone che venivano delle scuole a dirti ‘Non dovrebbe funzionare così’.
Per come la vedevo io e per come l’ho vista anche negli anni dopo – nei quali il mio cervello ha cercato da solo di elaborare e cercare un posto corretto dove archiviare quel ricordo – era la normalità. Certo una normalità non piacevolissima, ma si insomma.. qualcosa per la quale tutti dovevano passare nella vita, che ti tempra, un rito di passaggio.

O no?!

Poi hanno iniziato ad arrivare servizi al Tg, sempre più frequenti.. nei quali i ragazzi in questione arrivavano al suicidio.
Ma come ‘Si è suicidato’?
‘E’ morto un ragazzo per delle prese in giro? No dai, non è possibile, ci sarà stato altro sotto.’

E allora il mio cervello di 30 enne, ha iniziato a scavare.. iniziando dal più classico dei ‘Tu cosa avresti fatto se fosse successo a te?’.
‘Un momento… a me ‘è’ successo. Si ma dai non era così…’

E invece si, era esattamente così. Solo che non lo potevo sapere.
Prese in giro, emarginazioni, botte, merende rubate, cattiverie gratuite. E allora mi sono ricordata, di quando tornavo a casa, piangendo, vergognandomi al punto da non riuscire a spiegare a mia madre che non volevo andare a scuola il giorno dopo, ma che ovviamente dopo un ‘Ma dai cosa vuoi che sia su.. per ste cose. Scherzano!’, tornavo eccome a scuola il giorno dopo.

Ed era giusto così. Era la normalità no?

Si scherzava, non importava quanto male potesse fare un livido o lo star da sola, se non volevo più mangiare dopo un ‘Cicciona’ di troppo… era semplicemente normale.
Ma non lo era.

Facile dirmelo adesso che ho trent’anni. Che è solo un ricordo. E che forse, sono stata anche fortunata alla fine.

Facile ora. Ma se rivedo nel flashback la me di 8 anni, circondata da quelle cinque ragazze, dietro quel maledetto albero che ci nascondeva dalle maestre, sballottata come una trotttola tra uno spintone e un insulto… cosa dovrei dirle? Quello che mi diceva mia madre? O semplicemente ‘Tieni botta, finiranno. Passerà’. ?

Le ragazze in questione ora sono cresciute – come me d’altronde – alcune sposate, altre con figli, ragazze normalissime come me credo, ci salutiamo di sfuggita se ci incontriamo (seppur sempre forzatamente), con le quali forse potrei anche andare d’accordo ora.. eppure non ci sono mai riuscita. So per certo che è reciproca la cosa, e ancora più per certo, so che loro di queste cose, nemmeno si ricorderanno.
E se invece dovessero ricordarlo, non sarà altro che un ‘Ma si per ste cose.. cosa vuoi che fosse, si scherzava’.

Perchè è così, che importanza ha adesso? Nessuna probabilmente, è vero.

Ad ognuno il proprio bullo

Facile dirlo ora che ho trent’anni. Ma se ne avessi 8? o 12? o 16? Adesso è ancora più difficile avere quell’età.
Gli 8 anni di adesso, non sono quelli che avevo io. Adesso il mondo è ancora più crudele, perchè non si limita al ferirti, ma lo vuole anche far sapere a tutti.

Questo articolo – così come tutto ciò che scrivo – è fine a se stesso. Non vuole avere o fare la morale a nessuno. Semplicemente sono riuscita a mettere nero su bianco una cosa che forse, ora che ho trent’anni, mi risulta piu nitida e facile da affontare con questo mondo e non solo con quello chiuso nella mia cameretta dell’epoca.
Magari alcuni di voi hanno avuto la stessa esperienza nella vita, lo stesso ‘rito di passaggio’, senza nemmeno saperlo davvero.
Molti di noi hanno o avranno figli tra non molto, e nulla… magari vorremmo trovare un modo di risparmagli tutto questo. Io purtroppo non ho una soluzione.. credo soltanto che prendere coscienza potrebbe essere già una piccola risposta alla nostra domanda ‘Cosa potrei fare io?’.

Anche perchè, se noi siamo la generazione che cambia canale, allora dovremmo pur crescere qualcuno che sto mondo lo voglia cambiare…

recensioni negative come affrontarle

Recensioni negative

Beh si, sapevo che sarebbe arrivato il momento.. era questione di tempo.
E infatti, eccolo.
Recensioni negative.

Mi avevano messo in guardia.
Decidendo di aprire un blog (o quello che è) e una pagina (o quello che è), sapevo che il rischio di critiche c’era.. e anche bello alto.

Ma mi sentivo talmente bene quando scrivevo, ‘un momento mio’, così libera dalla quotidianità di un lavoro fatto solo per dovere, i primi commenti positivi, i primi splendidi messaggi di gente dall’altra parte d’Italia che mi diceva quanto si ritrovasse nelle mie parole.. Che le critiche mi sembravano un problema talmente lontano da permettermi di godermi almeno un po’ quella sensazione… Quasi quasi da arrivare addirittura a ‘credere’ un po’ in me.
A darmi quella fiducia che mai mi sono concessa.
Ci stavo provando..

Qualcuno una volta mi ha detto che il successo non lo raggiungi quando ti amano, ma quando ti odiano. Quando arrivano gli haters.
Ma gli haters di chi? Miei? L’ultima stronza sulla faccia della terra… Haters de che?

Solo che non ho mai avuto un gran feeling con le critiche in generale. Ma d’altronde chi nasce già con l’armatura incorporata?
Quindi quando è arrivata, il primo pensiero è stato negativo, quanto la critica stessa, forse di più, essendo io la mia critica peggiore.
Decisamente negativo.

Chi me lo fa fare?
E se in fondo avesse ragione?
Pagina triste e con contenuti superficiali e banali’.
Beh.. si!
D’altrocanto la pagina si chiama “Mainagioia is the new Black” perché “Tristezza e altri contenuti banali” non suonava altrettanto bene. Ma dal nome mi pareva abbastanza chiaro il fatto che entrando a sbirciare qua e la non avreste trovato lunghe riflessioni sulla questione del conflitto israelo palestinese o il mio parere sulle nuove fantasmagoriche scoperte nel campo dell’editing genetico…

Si insomma, ‘Se avessi avuto le ruote…’.

Quindi dopo un primo momento di tentennamento, dovuto ad anni di insicurezze, di cose lasciate a metà, di mediocrità in tutto.. ho deciso di usarla a mio favore, anziché lasciarla fare quello per la quale era nata, cioè farmi mollare subito. Ovvero ho deciso di scriverci su.

RECENSIONI NEGATIVE

Ebbene, è vero. La mia penna arriva li dove arriva anche la mia testa. Non posso vergognarmi di quello che sono. Posso migliorarmi ogni giorno di più, ma non ho intenzione di scusarmi della persona che sono..
Una persona normale. Ordinaria. Ma che fa del suo meglio.

Esistono anche le persone normali, le ragazze ordinarie, quelle che si fanno semplicemente una risata leggendo un post banale sul più classico dei cliché Uomini VS Donne. O che si mettono a cantare come ebeti quando passano i Backstreeet Boys in radio. O che parlano di quanto sia una rottura di palle il doversi truccare per sentirsi piu belle. O che combattono contro questa cosa del non sapersi ancora accettare. O ancora che trovano il coraggio di partire per un viaggio sole dalla parte opposta del mondo..
Esistono.
E io sono una di queste.

Ho sempre scritto i miei pensieri nel diario. Gli stessi. A volte più profondi, a volte meno. A volte cazzate vere e proprie. A volte, quanto di più profondo la mia anima sia in grado di produrre.

E se ho deciso di renderli pubblici è semplicemente perché qualcuno mi ha convinto che forse, potevo ‘farcela’, perché qualcuno leggendoli mi ha scritto, senza nemmeno conoscermi, solo per dirmi che gli/le ero arrivata, perché qualcun altro dopo avermi letto ha deciso di mandarmi la foto dall’aeroporto scrivendomi ‘Lo sto facendo! Parto da sola per la prima volta in vita mia.. grazie per il tuo racconto che mi ha finalmente convinto’.
E per me ‘Farcela’ è anche questo.
Oltre ovviamente al diventare ricca e pagata per girare il mondo, raccontarlo e metterla in culo a tutti😎.. ma magari questo con calma.

Ma fino ad allora così è..
Sì è una pagina triste, a volte melodrammatica, a volte molto molto melodrammatica e altre invece totalmente inutile.
Ma è la mia pagina. E riflette ciò che sono io.
E no, non è indispensabile all’umanità e SOPRATTUTTO non è obbligatoria per nessuno!

favole disney mai na gioia

Quello che abbiamo imparato dalle favole Disney

Quello che abbiamo imparato dalle favole Disney

..e che forse era meglio dimenticare

Ci siamo cresciuti tutti con le favole Disney, le abbiamo adorate, amate, prese come esempi di vita… il punto è che finché si è piccoli va tutto bene, ma quando poi si cresce ti rendi conto che forse tante cose le hai fraintese. Quindi, dopo alcuni anni di attente analisi e numerosi “mainagioia”, sono giunta ad alcune conclusioni.

Vissero felici e contenti’:
Be’ sì, ciò che accomuna tutte le storie Disney – oltre alla firma di Walt – è sicuramente il più classico dei lieto fine: «E vissero per sempre felici e contenti».
Sì, certo. Solo che nessuno ha mai detto “insieme”. Ci sarebbero stati sicuramente meno fraintendimenti. Se la formula fosse stata «E vissero per sempre felici e contenti, ognuno al proprio castello, ci si becca in giro ogni tanto e ciao…», sarebbe stato diverso.

Se non ci salva lui, non lo farà nessuno’
Tra tutte le cose che potevamo imparare, questa è sicuramente la peggiore, a mio parere.
Per quanto mi riguarda una principessa è definibile tale solo se si sa salvare da sola.
E poi, diciamocelo, è stata la Bestia a essere salvata da Belle e non viceversa. Se non avesse conosciuto lei sarebbe rimasto con le sembianze di una bestia per sempre, in quel castello da solo a parlare con un candelabro e un orologio a pendolo. bella e la bestia libreria

Stessa cosa anche per La bella addormentata nel bosco. Voglio dire: prima che si incontrassero, Filippo stava vagando da solo per un bosco vestito con una calzamaglia… se non avesse incontrato lei, Dio solo sa che fine avrebbe potuto fare lui.

Quindi dai, per favore, basta con questa cosa che vogliamo essere salvate. Ok, ci potete aprire i vasetti di sottaceti quando non riusciamo, vi lasciamo controllarci l’olio della macchina e vi facciamo uccidere i ragni quando vi chiamiamo urlando, ma perché serve a voi tanto quanto a noi.

Quello che abbiamo imparato dalle favole Disney e che era meglio dimenticare.

Non seguire e non accettare caramelle dagli sconosciuti
Se ad un certo punto ci ritroviamo a parlare con animali o altri oggetti non identificati come in una delle favole Disney, allora forse sarebbe meglio sospendere le bibite.
Se troviamo, per esempio, in giro boccette con scritto “Bevimi” o “Mangiami” non è che dobbiamo proprio farlo per forza.panco pinco

Certo, ad Alice è andata bene, ha conosciuto lo Stregatto e il Brucaliffo e visto posti fantastici… ma mica vi dicono in che condizioni si sia svegliata il giorno dopo, però.
Poi non vi lamentate se la mattina seguente, aprendo Facebook, vi ritrovate taggate in foto dove ballate con Pincopanco e Pancopinco. In condizioni imbarazzanti.

La bellezza non conta’
Esatto, è la bellezza d’animo quella che conta.
Ma se sei bello anche fuori meglio. Prendete Quasimodo, per esempio: ha salvato il culo a tutti, ma Esmeralda è andata via comunque con il “bello”. Poi, ovvio, la bella e la bestia ci hanno insegnato il contrario… ma vorrei ricordarvi in che popò di casa viveva la bestia. Belle avrebbe avuto una libreria delle dimensioni dell’Australia e un armadio che sceglieva i vestiti al posto suo al mattino.  aladin disney favole
Eh… ricordatevelo. Anche nei cartoni Disney, dove non arriva la bellezza, arriva la pecunia. E dove non arriva nemmeno la pecunia, allora, in quel caso, forse, ma non sempre, arriva l’Amore.

E vissero per sempre amici e contenti
Ad un finale così avrei creduto molto di più, sia che fosse una friendzone, sia che fosse un’amicizia di quelle vere. Troppo peso all’amore e troppo poco alle amicizie, in queste favole a cartoni animati.
Quell’ingrata di Biancaneve mollò 7 nani una volta trovato il principe. Ariel abbandonò perfino la famiglia per seguire lui. Non si fa. È così che nasce il problema delle coppie che una volta fidanzate spariscono. Credo esista un universo parallelo dove vivono tutte assieme, queste coppie, probabilmente lo stesso universo dove sono finiti tutti i miei accendini e le mie forcine per i capelli. Sì, insomma, l’amore è importante, ma le amicizie lo sono molto di più.

D’accordo basta, troppo cinismo non fa mai bene.

È solo che a saperlo prima forse ci saremmo risparmiate un sacco di docce fredde.
In conclusione, comunque, la cosa da tenere sempre presente – e sulla quale io e il vecchio Walt siamo d’accordo – è che, sia nelle favole che nella vita reale, le vere protagoniste rimaniamo sempre e solo noi.

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Amsterdam viaggio sola Mai na gioia is the new Black

Amsterdam

Dopo cinque anni dall’ultimo viaggio da sola, rieccomi.
Amsterdam, arrivo

Esco a prendere una boccata d’ansia e torno

Esco a prendere una boccata d’ansia e torno

Incredibile, un giorno con il portatile fuori uso e mi ritrovo a riscrivere con carta e penna.

Mi sento come quella volta che da piccola, in gita, ci portarono a vedere una vecchia scuola. Ci fecero sedere nei banchi di una volta, con il buco per l’inchiostro e il calamaio…

O come un bambino di oggi, al quale vengono mostrate una penna e una cassetta di musica. ‘E mo’ che ce dovrei fa’ co sta roba?’

E pensare che una volta scrivevo. Scrivevo sempre.

E guai se non lo facevo. Tutti i giorni o quasi. Di più se mi serviva. Un diario all’anno era la regola, da quando ne avevo 8.

In pratica la mia vita ci sta tutta in un cassetto. Più precisamente nel primo cassetto di fianco al letto.

Eppure ora faccio fatica. I pensieri vanno molto più veloci della penna, o forse semplicemente sono fuori allenamento.

Anche ora scrivo si, ma tra un aggiornamento del diario e l’altro possono passare mesi ormai. Forse non ne sento più il bisogno. O forse mi sono circondata di persone in grado di darmi lo stesso beneficio che traevo dallo scrivere.

Oggi però, ne ho risentito la necessità. Talmente tanti pensieri da aver bisogno di scriverli per tentare di riordinarli, ma soprattutto per provare a liberare un po’ di spazio nella testa.

Ultimamente mi capita spesso di sentirmi a disagio, mentre sono fuori con amici. Ma ieri sera è stato diverso. Ieri sera ho provato a capire cosa stesse succedendo.

Cena di compleanno tra amici, alcuni stretti, altri più che altro conoscenti.. cibo delizioso, vino, aria di felicità per tutti, eppure ad un certo punto è ricominciata quella sensazione.

Disagio.

Frastorno. Quasi nausea.

Si ma…perché?

Hai il tuo ragazzo seduto di fronte, ed è felice. Hai le tue amiche vicine, sei a mangiare in uno dei tuoi posti preferiti, indossi il tuo tubino nero che dopo anni sei riuscita a infilarti, hai anche avuto il tempo di prepararti dignitosamente invece che grossolanamente come fai sempre perché finisci sempre di lavorare tardissimo .. e allora cosa c’è? C O S A C’ E’?

Resisto un po’.

Poi però ho bisogno di aria.

Mentre tutti mangiano, mi vesto ed esco.

Appena messo piede fuori tiro una boccata d’aria. Forse la prima volta in vita mia in cui avevo davvero bisogno di ‘prendere aria’.

Embeh?

Sospiro.

Fuori c’è una finestra, la tenda è tirata, ma riesco comunque a intravedere la nostra tavolata.. e in ogni caso riuscivo a sentirne gli schiamazzi.

Tutti sereni, tutti che scherzano, tutti che devono.. e allora perché io ero là fuori da sola? Oltretutto con il solo desiderio di essere in tuta nel mio divano di casa?

Sapevo di avere i minuti contati, prima che qualcuno degli amici più stretti venisse a chiedermi cosa stesse succedendo e visto che non avrei saputo cosa rispondere.. ho mandato giù tutto e sono rientrata.

Dopodiché ho solo aspettato finisse, la cena e la sensazione.

Una volta, adoravo queste cene. Ma non solo. Da quando ero piccola, adoravo proprio il weekend.. lo aspettavo con ansia. Era ciò che mi dava la voglia di affrontare tutta la settimana. Se poi c’èrano ‘eventi’ anche infrasettimanali tanto meglio.

Qualsiasi cosa spezzasse la routine dei giorni ‘normali’.

Ok devo lavorare 5 giorni. Ma stasera esco a cena e ho due ore tutte per me.’

Ne avevo bisogno.

E quando non avevo impegni o nessuno usciva, venivo assalita dalla tristezza. Come se stessi sprecando il ‘mio tempo’.

Voglio dire, tolte le ore per dormire, tolte quelle in cui torniamo/andiamo a lavoro, tolte quelle per tutti quei ‘doveri’ extra lavoro che ci toccano… in una settimana quante ce ne restano di nostre? Una manciata scarsa? Beh per quanto fosse ingiusto io avevo imparato a prendermele tutte e usarle facendo quello come mi faceva sentire meglio.

Una cena di compleanno tra amici, un po’ di tempo per un trucco che mi facesse sentire bella e non semplicemente presentabile, il ragazzo, le amiche sedute vicine, una bottiglia di vino, un bel vestito nuovo e niente lavoro il giorno dopo. Bastava.

Quindi ora perché sono qua fuori a osservare attraverso la tenda?

Perché mi manca l’aria?

Forse perché non capisco se mi basta o come faccia a bastare agli altri.

Ho anche pensato al viaggiare. Infondo il viaggiare è la cosa che più di tutte mi riempie l’anima. Quando sono via sento che è quello che vorrei fare sempre. Non saprei spiegare la sensazione, ma so per certo che quella sensazione di ‘sprecare tempo’ è il più lontano possibile in quei momenti.

Poi però mi dico che magari per chiunque è così. Voglio dire, chi non vorrebbe fare della propria vita un viaggio?

E al quel punto mi ripeto sempre la frase di Fight Club ‘Se ti svegliassi a un’ora diversa in un posto diverso, ti sveglieresti come una persona diversa?’

Non lo so proprio.

Ma se tutti riescono ad accontentarsi di viaggiare una, due volte l’anno e di lavorare il restante tempo, ma soprattutto riescono a stare seduti a quel tavolo con i loro amici il sabato sera sereni, perché io no?!

Non so neanche questo.

Quindi come dicevo, meglio rientrare prima che qualcuno esca a chiedermi cosa c’è e io non sappia cosa dire.

capodanno festeggiamenti ansia

Un nuovo inizio.. ancora.

Odiamo il Capodanno.
Lo odiamo tutti.
Lo odiamo tutti perché sappiamo che non cambierà assolutamente nulla.
Eppure, ci serve. Lo aspettiamo.

Per questo lo odiamo forse, perché ci serve.

Ci serve qualcosa che ci ricordi che il tempo passa. Qualcosa che scandisca una fine e ci dia un nuovo inizio. Qualcosa che ci risvegli dall’inerzia.

Ed ecco il perché dei resoconti di fine anno, ecco il perché del nostro lamentarcene, festeggiandolo però.
Ecco perché lo odiamo.

Ci si ritrova a festeggiare, con gente della quale a volte conosciamo solo il nome e semplicemente per averlo letto nel gruppo whatsapp ‘Capodanno’, bevendo prosecco scadente e fumando troppe sigarette per una sera sola… e incantandoci ogni tanto a fissare il vuoto, facendo mentalmente il resoconto di un anno che a noi sembra sempre uguale, anzi mi correggo, un anno dove per quante cose siano successe non ci sembra di aver concluso nulla.

Che poi alla fine cosa dovevamo concludere? I buoni propositi sono gli stessi del 2003; perdere quei 4kg, dare più peso alle cose che contano e mettere via qualche soldo in più per il futuro… e se non li abbiamo mai raggiunti forse dovremmo semplicemente fare posto ad altri.
Dare spazio ad un nuovo inizio.

Un po’ come Gramsci quando diceva “Voglio che ogni mattino sia per me un Capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore“.
Ma noi non siamo Gramsci.
Non ci svegliamo pieni di vita ogni mattina. Non abbiamo aspettative e speranze nuove per ogni giorno dell’anno. L’attimo fuggente per noi è semplicemente un film. Così come Into the wild. La nostra ‘voglia di vita’ dura quanto la batteria del nostro smartphone.

Quindi noi semplicemente lo odiamo e basta.
Dopo una certa età forse lo si odia ancora di più.. o forse ad ogni età lo si odia per qualcosa di diverso.
Magari sei li, incantato a guardare i tuoi amici che sembrano divertirsi tra di loro, quasi da farti sentire fuori luogo.. chi si sta per sposare, chi è riuscito a comprarsi una casa, chi si è realizzato in un lavoro importante, chi vive all’estero… e poi ci sei tu.

Esatto poi ci sei tu.
E ti metti a pensare al tuo di anno.
Il lavoro.
L’amore.
La famiglia.
E poi arriva lei.. che rimpicciolisce tutto il resto.
La salute.
E allora realizzi che è tutto li. Non c’è nessuna fine e non c’è un inizio.

Alzi gli occhi dal tuo prosecco, i tuoi amici sono ancora tutti li che sorridono, la tua famiglia ti ha appena mandato gli auguri di buon anno sul telefono, l’amore è li con te, il lavoro è ancora li dove l’hai lasciato ed è tutto ok..

Quindi come dicevo, odiamo il Capodanno.
Lo odiamo si.
Però abbiamo un prosecco in mano.
E se alziamo gli occhi un attimo ci potremmo accorgere che in fondo.. non è poi così male.

Ma il Natale.. voi lo odiate?

crescere età adulta bambini

L’età adulta é sopravvalutata

E poi un giorno, ti squilla il telefono e sul display appare ‘Banca’. Vorresti rispondere solo perché tanto sai già che prima o poi dovrai farlo e sai anche già cosa vogliono,
quindi come un cerotto vorresti solamente toglierlo e via.
Ma giri lo sguardo e lo lasci squillare…
Nel frattempo ti arrivano anche delle mail.
SPAM.
SPAM.
SPAM.
SOLLECITO DI PAGAMENTO.
SOLLECITO DI PAGAMENTO.
Sospiro profondo.
E ti fermi. Altro sospiro. 


Ma da quand’è che ho tutte ste responsabilità? Da quando è che tutto è diventato così difficile?
Quand’è che sono diventata grande?
Da quand’è che ho smesso di bere il latte&Nesquik facendo le bolle con la cannuccia?
E soprattutto come si torna indietro?


Il conto in banca, i tacchi alti, il far tardi la sera, i viaggi da sola… Sarebbe tutto molto bello. Se lavorare non ci assorbisse tutto.
Siamo tutti stanchi, arrabbiati e ingabbiati.
E la cosa peggiore è che ci sentiamo liberi.
Liberi di fare ciò che vogliamo, di andare dove vogliamo, di spaccare il mondo.. quando in realtà non lo siamo per niente.
Lavoriamo e posticipiamo.
Posticipiamo e poi torniamo a lavorare.
Abbiamo 6 giorni a settimana in cui fantasticare su cosa fare nel weekend e un giorno a settimana, (due per i più ‘fortunati’) in cui renderci conto che siamo troppo stanchi e che vorremmo solo chiudere gli occhi per un secondo, riposarci, pensando a quanto bello sarebbe vedere l’Aurora Boreale tra i fiordi, o la fioritura dei ciliegi in Giappone o magari perdersi nei colori del Souk di Marrakesh…
Quando li riapriamo è domenica sera, quindi praticamente lunedì.
E niente, ‘Sarà per il prossimo weekend.’
Già. Il prossimo.
Vabbè torno a lavorare, per potermi permettere di comprare il latte e il Nesquik, che poi tanto non avrò tempo di bere.

Tutto quello che ci hanno insegnato le favole Disney e che forse era meglio dimenticare.