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come aprire un blog

Come aprire un Blog

COME APRIRE UN BLOG

A tutti quelli che chiedono se valga la pena aprire un blog di sti tempi, la mia risposta é NO. NO.
E NO.
DON’T TRY THIS AT HOME.

Prima di aprirlo era tutto più semplice.
Facevo l’unica cosa che mi piaceva fare, scrivere e la facevo facilmente, senza limiti e senza “Se”.
Chissene. Io scrivo.
Non avevo giorni, orari, date, come o dove. Quando arrivava semplicemente lo capivo e allora sapevo di dover scrivere.
Scrivevo per me e per chi voleva leggere.
Fine.

Ora é un casino. Un casino incredibile.
Una guerra tra poveri.
Una guerra tra poveri con il vento a sfavore.
Ora sento solo il bisogno di scrivere, sempre, perenne. Ma non riesco più a farlo.

«Mi raccomando rileggi. E i caratteri. Ma soprattutto le parole chiave. Le immagini.
Ah e la Seo!!! Non dimenticarti LA SEO

Chi o cosa cazzo é la Seo?!

«Una sorta di dopante. Si insomma ‘Go hard or go home’…»

Si, ma io vorrei solo scrivere…

«Affari tuoi. Questo é avere un blog. Questo e un sacco di altre cose con nomi in inglese che se non studi, sarai solo l’ultima delle stronze.»
E allora capisci come mai ti svegli alla mattina con il solo pensiero di arrivare a sera per poter scrivere, ma poi alle 21.30 dici sempre «Ci riprovo domani».

Non é così che doveva andare.
A 8 anni, quando sogni di diventare scrittrice, tutto questo non lo sai.
A 30 ci arrivi. Ci arrivi lentamente. Sorpassata da tutti.
E anche abbastanza tristemente.
Pazienza.

Comunque qualcuno dica ai bambini di avere anche un “Sogno B”.

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Christmas Blues: tutta la malinconia del Natale

Christmas Blues: tutta la malinconia del Natale

Comunque secondo me tutto sto Christmas Blues, sta malinconia delle feste di Natale non è dovuta solo alla solitudine che ci assale anche quando siamo in mezzo ad una tavolata piena di persone…
E’ dovuta anche al fatto che le feste ci ricordano come ci piacerebbe vivere sempre.
In ferie, per esempio.

Ma poi ci ricorda anche che non possiamo, perchè come tutte le cose belle, finiscono. (𝒪𝐻 𝒪𝐻 𝒪𝐻 𝒜𝒩𝒩𝒪 𝒩𝒰𝒪𝒱𝒪, 𝒪𝒯𝒯𝐼𝑀𝐼𝒮𝑀𝒪 𝒱𝐸𝒞𝒞𝐻𝐼𝒪!)

Ho sempre odiato quelli che «Non vedo l’ora finiscano sti giorni per tornare a lavorare. Mi annoio a casa», che ti obbligano a fissarli come Cersei Lannister guarda laggente; con disprezzo.
Non ve le meritate le ferie.
E nemmeno ho mai creduto a quelli che «Io amo il mio lavoro, non mi pesa tornarci», che ti obbligano a fissarli come Cersei Lannister guarda laggente; con disprezzo ma anche con una spolverata di invidia.

Beh si, invidio chi dice questo con convinzione. Credo che trovare un lavoro ‘Meno peggio’ degli altri di sti tempi sia una gran fortuna.
Lo so, lo so, chi ce l’ha probabilmente si è fatto il culo per arrivare a poter affermare ciò.. Va bhè allora invidio la loro tenacia e costanza nel raggiungerlo, meglio?

Io però, nel caso non fosse sufficientemente chiaro, non sono mai stata granchè ottimista nella vita (Ah no?!) e quindi non sono mai riuscita a godermi, come sarebbe stato giusto, i momenti belli.
Sto forse imparando ora.
Non vedo il bicchiere né mezzo pieno, né mezzo vuoto.

Semplicemente lo vedo e penso già a quando finirà; mi assale quel senso di tristezza che mi costringe a pensare già al prossimo.. si no ok forse la metafora non è proprio azzeccatissima, ma avete capito no?

Per noi comuni mortali che abbiamo un lavoro che ci serve e basta, e che vediamo esattamente come tale, qualsiasi cosa ci distolga, anche se per poco, da quella routine insana… la viviamo come una boccata d’aria fresca. Sappiamo quali sono quei momenti e li aspettiamo, un po’ viviamo per quelli (per non dire ‘soppravviviamo’, perchè è appena iniziato l’anno e o promesso di essere più propositiva). Il venerdì pomeriggio.

Christmas Blues: tutta la malinconia del Natale

Una festa. Il giorno prima di un viaggio.. Si insomma avete presente quella sensazione?!

E quindi le feste ci ricordano anche a questo; l’andare a letto tardi (cioè comunque alle 23.30 perchè il sonno non va in ferie) e senza mettere la sveglia, svegliarsi quando si vuole (cioè alle 8 ugualmente perchè ormai la vecchiaia decide da sola), programmare o non programmare la giornata con un ‘Cosa voglio fare oggi?’, il pranzo a casa con calma, le passeggiate in centro, lo shopping, l’aria rilassata, le serie tv ad oltranza, l’organizzare cene, il trucco/parrucco fatto senza fretta, gli aperitivi rilassati, un viaggio, la felicità di avere del tempo veramente nostro e decidere davvero che farne…
E poi SBAM ECCOCI AL 2 GENNAIO.
Di già? SI.

E allora aspettiamo il 6 Gennaio per riprendere aria, ma tanto cade di Domenica e quindi non cambia un cazzo. Cosa ci sarà poi? San Valentino? Si ma non si sta a casa per San Valentino mannaggia.. Pasqua? Quando cade? IL 21 Aprile. IL 21 APRILE? MA SCHERZIAMO?? E Fino al 21 Aprile cosa dovremmo fare?

«Mi scusi, mi porterebbe un altro calice di rosso cortesemente? Anzi guardi, me ne porti direttamente altri due. Grazie.»
Ecco ora capite la metafora..

Si si lo so, se fossero così tutti i giorni diventerebbe abitudine e non l’apprezzeremmo più blablablabla..
Ma non si potrebbe fare chessò 5 giorni a casa e 2 di lavoro?
Giuro che in quei due giorni lavoreremmo tantissimo!!!

Copy(isn’t)right

Copy(isn’t)right

Mi rendo conto di non essere Giacomo Leopardi, seppur il nostro spiccato ottimismo ci accomuni.
Ma conosco a memoria i miei scritti.
Perchè prima di essere ‘scritti’, sono pensieri, i miei pensieri.
Li conosco.
Ne conosco perfino la punteggiatura.

E mi fa felice quando vedo che in un certo modo sono riuscita a dar forma a quei pensieri e non solo, soprattutto quando quei pensieri arrivano a chi, magari, non ha avuto la stessa fortuna nel riuscire ad esternarli.. e usa le mie parole.

Ma non così.
Non copiando, incollando, facendo un taglia e cuci. Non spacciandole per scritte da un’altra mano.
E’ ingiusto.
Ti fa venir voglia di chiudere il sipario e diventare un’egoista.

C’è un tasto che racchiude il ‘Che bello, vorrei tanto averlo scritto io!’, si chiama ‘CONDIVIDI’.

Perché lo ripeto, io non sono Giacomo Leopardi, ma un pensiero altrui, a prescindere dalla forma con la quale è stato reso pubblico, foto, parole, musica… merita rispetto.

Copy(isn’t)right

Come tutelarsi da tutto ciò?

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La rivincita delle persone normali

La rivincita delle persone normali

Ho sempre pensato che la mancanza di ambizione, così come l’eccesso, fossero da considerarsi difetti in una persona.
E forse per questo non mi sono mai posta degli obbietti nella vita.. tanto meno dei sogni.
Mediocre in tutto, eccelsa in niente” come mi disse una volta qualcuno.

Questo un po’ per la paura di fallire e un po’ (molto) perché qualsiasi cosa mi avesse portato via del tempo di oggi, per raggiungere un qualcosa ‘forse’ domani, non lo ritenevo meritevole. O tutto subito o nulla.

Non ero mai pronta a sacrificare qualcosa del mio oggi, per magari non aver nulla domani se non una delusione..
Mi nascondevo sempre dietro proforma tipo “Ma dai per cortesia, non sei così brava! Accontentati di quello che fai, come lo fai! Accontentati delle piccole soddisfazioni giornaliere! Per raggiungere i propri sogni, bisognerebbe innanzitutto averne e poi dovresti impegnarti e iniziare a sacrificare qualcosa, così funziona!”
E puntuale come il ciclo il giorno prima della partenza per le vacanze, mollavo la presa e mi rispondevo “Ma si infatti non ne vale la pena.. E poi che sogni ho io? Non ho mai avuto sogni ne ambizioni. Ho solamente cose che mi fanno stare bene nella vita certo..
Scrivere e viaggiare. È ovvio che sarebbe un sogno poterlo fare. Chi non lo vorrebbe?
Ma siamo nel 2018, sei in micro pesce in un oceano di pesci molto più grandi, più preparati e più coraggiosi di te.”
‘E meritevoli anche vorresti aggiungere?’
Beh si.
Perché questo è il punto. Se nemmeno credi di meritartelo, allora non ci crederai mai davvero per potertelo permettere.
E continuerai semplicemente a stare nel tuo, nuoterai sempre stando vicino al tuo scoglio e ti acconteterai! Perché nella vita, soprattutto quella al tempo dei social, devi saperti accontentare..
” Che bella questa foto su Instagram; questa ragazza bellissima con il suo cappello in paglia, il suo vestito bianco, mentre cammina nelle vie di questo paesino con le case i mattoni e tutti i fiori colorati sui balconi”
Che bello dev’essere poter vivere così, in giro per il mondo con il mio diario e il mio fotografo . A vivere il mondo come andrebbe vissuto per una vita sola che abbiamo..
A scrivere i miei appunti mentre facendo colazione dall’altra parte del mondo, osservo lo scorrermi davanti di una quotidianità che non è la mia, cercando le giuste parole per trascrivere quel momento e raccontarlo a chi vorrà poi leggerlo…

IUUUU UH!! TORNA TRA NOI!!!
Sospiro e torno alla realtà si.

La rivincita delle persone normali

Certo è una vita invidiabile quella, chi non la vorrebbe?
Ma quella è l’eccezione, non la regola!

E poi ripeto, bisogna volerlo davvero qualcosa, per poterlo raggiungere così. Ma cosa ancora più difficile, bisogna sapere di volerlo.
Non so voi, ma io la domanda ” Ma tu dalla tua vita, cosa vuoi?”, l’ho sempre evitata, come si evita il proprio ex se ce lo si ritrova ad una festa.
Ogni tanto sì, capita di farsela. O di sentirsela fare. Ma quasi mai di prendersi più di 10 secondi per rifletterci davvero.. Perché?
Perché domande come questa fanno estremamente paura!
Paura di non sapersi dare una risposta e ancora più paura di sapersela dare invece.

Ecco beh.. qualche giorno fa qualcuno me l’ha fatta. Qualcuno che voleva saperlo davvero.
Qualcuno al quale avrei dovuto rispondere davvero.
E ho risposto. Seppur con le guance rigate, come se dentro di me cuore e testa stessero facendo a pugni tra loro!
Ma ho risposto.
Voglio fare questo nella vita!
Voglio vedere il mondo e raccontarlo a modo mio a chi vorrà leggerlo.

Non sarò la più brava a scrivere, né a far foto, né avrò mai quel cappello in paglia, né tantomemo verrò pagata per farlo.. Ma non fá nulla!
Voglio fare quello.
Studierò per migliorare.
Lavorerò per potermelo permettere.

E ogni volta che farò ritorno al mio scoglio, sarò ogni volta più soddisfatta di me.

La rivincita delle persone normali

Una volta avrei finito il post dicendo “Ma poi.. apro gli occhi e torno alla realtà. Alla routine, al lavoro e ai soliti like messi su Instagram.”

Stavolta no.. Perché per quanto tu ci metta per deciderti a farti quella domanda o ad ammetterlo a te stessa, sai già cosa vuoi. E in un modo o nell’altro il tuo modo di fare ti porterà inconsciamente a capirlo, che tu lo voglia o no.
E mentre io settimana scorsa cercavo risposta, mi è arrivato questo messaggio: “Ciao, è un po’ che seguo quello che scrivi.. È vorrei chiederti di fare da travel blogger per il nostro viaggio!” (Grazie LISA)

E quindi sì, non sarò la più brava, nè la più bella come quelle ragazze bellissime su Instagram.. Ma beh ecco, anche noi ragazze normali ogni tanto (non sempre) possiamo farcela!

… vuoi vedere che mi tocca cambiare il nome della pagina con ‘Ognitantounagioia Is The New Black’ o addirittura iniziare ad essere felice di me?!ll

bullismo

Ad ognuno il proprio bullo

Ad ognuno il proprio bullo

Viviamo in un mondo dove, quando una cosa non ti colpisce in prima persona, non esiste veramente.
Non nel tuo mondo quantomeno o in quello che vuoi far credere alla tua mente.

Una volta ho letto che il 90% di noi, quando per televisione passano una pubblicità di quelle che ti fanno venire gli occhi rossi e lucidi e il magone in gola, con bambini affetti da malattie incurabili o che muoiono di fame, proprio mentre noi stiamo immergendo per l’ennesima volta la mano nel nostro pacchetto di patatine… cambiamo canale.
Istintivamente.

Il nostro cervello sa che non vogliamo vedere quelle cose, perché ci provocherebbero delle reazioni, delle domande, alle quali non vogliamo rispondere, tipo ‘Che cosa potremmo fare noi?’, e siccome il nostro cervello sa anche – perché gliel’abbiamo insegnato noi e non perché sia la verità – che la risposta è sempre ‘Niente!’, cambiamo canale, senza nemmeno accorgercene, alla velocità della luce.
Come dicevo.. quello che non vediamo, non esiste davvero nel mondo.

Il video dell’orso polare, deperito, stanco, sfinito da sto mondo di merda che prima di quel video non sapeva nemmeno della sua esistenza.. ve lo ricordate? O vi ricordate semplicemente il fermo immagine usato per i post su fb?
Perché la maggior parte di noi, non l’ha visto, non è riuscito a vederlo, gli è bastato il fermo immagine per provare il nodo alla gola… qualcuno di noi ci avrà riflettuto su, qualcuno magari l’avrà fatto un po’ di più, avrà deciso di andare a lavoro in bici o di non intasare le strade di code kilometriche nel weekend o di smetterla di portare i bambini negli zoo. Ma poi.. spallucce.
“La macchina mi serve’’
“Mi piace stare in doccia per ore lasciando l’acqua scorrere”
“E’ bello che i bambini vedano gli animali da vicino’’
“Eh ma se devo star attento a tutto, non vivo più’… ok.
Ok tutto. Siamo umani. Ma allora, a mio parere, i sensi di colpa non ce li possiamo permettere.

Il bullismo per esempio è venuto a galla da pochi anni, prima era semplicemente un dramma silenzionoso di cui nessuno parlava.
Io per prima, l’avevo sepolto da tantissimo.

Ad ognuno il proprio bullo

Ebbene si, ne sono stata ‘vittima’ e nemmeno lo sapevo, perchè quando ero piccola io non se ne parlava, non c’erano smartphone a riprendere, non c’erano servizi al tg, non c’erano persone che venivano delle scuole a dirti ‘Non dovrebbe funzionare così’.
Per come la vedevo io e per come l’ho vista anche negli anni dopo – nei quali il mio cervello ha cercato da solo di elaborare e cercare un posto corretto dove archiviare quel ricordo – era la normalità. Certo una normalità non piacevolissima, ma si insomma.. qualcosa per la quale tutti dovevano passare nella vita, che ti tempra, un rito di passaggio.

O no?!

Poi hanno iniziato ad arrivare servizi al Tg, sempre più frequenti.. nei quali i ragazzi in questione arrivavano al suicidio.
Ma come ‘Si è suicidato’?
‘E’ morto un ragazzo per delle prese in giro? No dai, non è possibile, ci sarà stato altro sotto.’

E allora il mio cervello di 30 enne, ha iniziato a scavare.. iniziando dal più classico dei ‘Tu cosa avresti fatto se fosse successo a te?’.
‘Un momento… a me ‘è’ successo. Si ma dai non era così…’

E invece si, era esattamente così. Solo che non lo potevo sapere.
Prese in giro, emarginazioni, botte, merende rubate, cattiverie gratuite. E allora mi sono ricordata, di quando tornavo a casa, piangendo, vergognandomi al punto da non riuscire a spiegare a mia madre che non volevo andare a scuola il giorno dopo, ma che ovviamente dopo un ‘Ma dai cosa vuoi che sia su.. per ste cose. Scherzano!’, tornavo eccome a scuola il giorno dopo.

Ed era giusto così. Era la normalità no?

Si scherzava, non importava quanto male potesse fare un livido o lo star da sola, se non volevo più mangiare dopo un ‘Cicciona’ di troppo… era semplicemente normale.
Ma non lo era.

Facile dirmelo adesso che ho trent’anni. Che è solo un ricordo. E che forse, sono stata anche fortunata alla fine.

Facile ora. Ma se rivedo nel flashback la me di 8 anni, circondata da quelle cinque ragazze, dietro quel maledetto albero che ci nascondeva dalle maestre, sballottata come una trotttola tra uno spintone e un insulto… cosa dovrei dirle? Quello che mi diceva mia madre? O semplicemente ‘Tieni botta, finiranno. Passerà’. ?

Le ragazze in questione ora sono cresciute – come me d’altronde – alcune sposate, altre con figli, ragazze normalissime come me credo, ci salutiamo di sfuggita se ci incontriamo (seppur sempre forzatamente), con le quali forse potrei anche andare d’accordo ora.. eppure non ci sono mai riuscita. So per certo che è reciproca la cosa, e ancora più per certo, so che loro di queste cose, nemmeno si ricorderanno.
E se invece dovessero ricordarlo, non sarà altro che un ‘Ma si per ste cose.. cosa vuoi che fosse, si scherzava’.

Perchè è così, che importanza ha adesso? Nessuna probabilmente, è vero.

Ad ognuno il proprio bullo

Facile dirlo ora che ho trent’anni. Ma se ne avessi 8? o 12? o 16? Adesso è ancora più difficile avere quell’età.
Gli 8 anni di adesso, non sono quelli che avevo io. Adesso il mondo è ancora più crudele, perchè non si limita al ferirti, ma lo vuole anche far sapere a tutti.

Questo articolo – così come tutto ciò che scrivo – è fine a se stesso. Non vuole avere o fare la morale a nessuno. Semplicemente sono riuscita a mettere nero su bianco una cosa che forse, ora che ho trent’anni, mi risulta piu nitida e facile da affontare con questo mondo e non solo con quello chiuso nella mia cameretta dell’epoca.
Magari alcuni di voi hanno avuto la stessa esperienza nella vita, lo stesso ‘rito di passaggio’, senza nemmeno saperlo davvero.
Molti di noi hanno o avranno figli tra non molto, e nulla… magari vorremmo trovare un modo di risparmagli tutto questo. Io purtroppo non ho una soluzione.. credo soltanto che prendere coscienza potrebbe essere già una piccola risposta alla nostra domanda ‘Cosa potrei fare io?’.

Anche perchè, se noi siamo la generazione che cambia canale, allora dovremmo pur crescere qualcuno che sto mondo lo voglia cambiare…

recensioni negative come affrontarle

Recensioni negative

Beh si, sapevo che sarebbe arrivato il momento.. era questione di tempo.
E infatti, eccolo.
Recensioni negative.

Mi avevano messo in guardia.
Decidendo di aprire un blog (o quello che è) e una pagina (o quello che è), sapevo che il rischio di critiche c’era.. e anche bello alto.

Ma mi sentivo talmente bene quando scrivevo, ‘un momento mio’, così libera dalla quotidianità di un lavoro fatto solo per dovere, i primi commenti positivi, i primi splendidi messaggi di gente dall’altra parte d’Italia che mi diceva quanto si ritrovasse nelle mie parole.. Che le critiche mi sembravano un problema talmente lontano da permettermi di godermi almeno un po’ quella sensazione… Quasi quasi da arrivare addirittura a ‘credere’ un po’ in me.
A darmi quella fiducia che mai mi sono concessa.
Ci stavo provando..

Qualcuno una volta mi ha detto che il successo non lo raggiungi quando ti amano, ma quando ti odiano. Quando arrivano gli haters.
Ma gli haters di chi? Miei? L’ultima stronza sulla faccia della terra… Haters de che?

Solo che non ho mai avuto un gran feeling con le critiche in generale. Ma d’altronde chi nasce già con l’armatura incorporata?
Quindi quando è arrivata, il primo pensiero è stato negativo, quanto la critica stessa, forse di più, essendo io la mia critica peggiore.
Decisamente negativo.

Chi me lo fa fare?
E se in fondo avesse ragione?
Pagina triste e con contenuti superficiali e banali’.
Beh.. si!
D’altrocanto la pagina si chiama “Mainagioia is the new Black” perché “Tristezza e altri contenuti banali” non suonava altrettanto bene. Ma dal nome mi pareva abbastanza chiaro il fatto che entrando a sbirciare qua e la non avreste trovato lunghe riflessioni sulla questione del conflitto israelo palestinese o il mio parere sulle nuove fantasmagoriche scoperte nel campo dell’editing genetico…

Si insomma, ‘Se avessi avuto le ruote…’.

Quindi dopo un primo momento di tentennamento, dovuto ad anni di insicurezze, di cose lasciate a metà, di mediocrità in tutto.. ho deciso di usarla a mio favore, anziché lasciarla fare quello per la quale era nata, cioè farmi mollare subito. Ovvero ho deciso di scriverci su.

RECENSIONI NEGATIVE

Ebbene, è vero. La mia penna arriva li dove arriva anche la mia testa. Non posso vergognarmi di quello che sono. Posso migliorarmi ogni giorno di più, ma non ho intenzione di scusarmi della persona che sono..
Una persona normale. Ordinaria. Ma che fa del suo meglio.

Esistono anche le persone normali, le ragazze ordinarie, quelle che si fanno semplicemente una risata leggendo un post banale sul più classico dei cliché Uomini VS Donne. O che si mettono a cantare come ebeti quando passano i Backstreeet Boys in radio. O che parlano di quanto sia una rottura di palle il doversi truccare per sentirsi piu belle. O che combattono contro questa cosa del non sapersi ancora accettare. O ancora che trovano il coraggio di partire per un viaggio sole dalla parte opposta del mondo..
Esistono.
E io sono una di queste.

Ho sempre scritto i miei pensieri nel diario. Gli stessi. A volte più profondi, a volte meno. A volte cazzate vere e proprie. A volte, quanto di più profondo la mia anima sia in grado di produrre.

E se ho deciso di renderli pubblici è semplicemente perché qualcuno mi ha convinto che forse, potevo ‘farcela’, perché qualcuno leggendoli mi ha scritto, senza nemmeno conoscermi, solo per dirmi che gli/le ero arrivata, perché qualcun altro dopo avermi letto ha deciso di mandarmi la foto dall’aeroporto scrivendomi ‘Lo sto facendo! Parto da sola per la prima volta in vita mia.. grazie per il tuo racconto che mi ha finalmente convinto’.
E per me ‘Farcela’ è anche questo.
Oltre ovviamente al diventare ricca e pagata per girare il mondo, raccontarlo e metterla in culo a tutti😎.. ma magari questo con calma.

Ma fino ad allora così è..
Sì è una pagina triste, a volte melodrammatica, a volte molto molto melodrammatica e altre invece totalmente inutile.
Ma è la mia pagina. E riflette ciò che sono io.
E no, non è indispensabile all’umanità e SOPRATTUTTO non è obbligatoria per nessuno!

non concudere mai nulla main una gioia

Iniziare sempre, concludere mai!

La nobile arte del lasciare tutto a metà e non concludere niente

Iniziare di tutto, ma non finire mai nulla. Si esatto, credo che lasciare tutto a metà possa essere un’arte.
Credo anche che la mancanza di ambizione, cosi come l’eccesso, siano difetti. Ma non l’ho sempre creduto eh.
Non sono una persona ambiziosa’, l’ho sempre detta con una nota di pregio. Come se questo mi salvasse. 
Vedevo i miei amici, farsi il culo, per loro o per volere dei loro genitori. Laurearsi perché, ‘La laurea serve’. 
Tralasciando il discorso sociopolitco secondo il quale non c’è lavoro per i laureati perché sono troppi, ecc..

Ma laurearsi per cosa? Per fare un lavoro che fosse sopra a quello dei ‘non laureati’. 

Non posso fare il barista a vita. Non voglio fare la commessa per sempre. Ma perchè?

Forse per questo non ho mai continuato gli studi, né ho mai avuto ambizione. Ho sempre visto il lavoro, semplicemente come un lavoro.
Otto ore mie, equivalgono a otto ore tue. Serve semplicemente perché serve.
A tal proposito sarei curiosa di sapere quanti di quelli laureati, che fanno un lavoro trovato per laurea, sono più soddisfatti e felici di quelli che non lo sono. E viceversa.

Una volta ho visto un monologo di Steven Spielberg, nel quale diceva che i sogni non sono cose che ti sogni e poi accadono. Non ti appaiono all’improvviso davanti urlandoti, ‘Ecco quello che sei e che dovrai fare per tutta la tua vita’.

No.  I sogni sono piccole vocine, piccoli istinti dentro di te, che a volte sussurrano e altre tacciono. E sta a noi saperle ascoltare e soprattutto interpretare.
Ma si, quindi quando sarà ora capirò cosa vorrò essere da grande. Saprò quale sarà la mia ‘vocazione’.

MA NON E’ VERO UN CAZZO.

Io sono grande ora, e non ho capito nulla, anzi.
Quando andavo a scuola ero brava a scrivere, mi è sempre piaciuto. Pesavo già all’epoca 50kg quindi sognare di fare la ballerina non mi pareva il caso, ma la scrittrice.. beh quello potevo sognarlo si. E ho sempre scritto.. il diario, le lettere, i post..

Amo quello che scrivi’. Grazie 🙂
Ti va di scrivere qualche articolo per noi?’. Oddio dite davvero?! Certo!
Dovresti aprire un blog!’.
Allora penso che forse davvero dovrei credere di poter scrivere seriamente.

A volte sono la, con il mio pc, il mio calice di rosso e tutto sulla tastiera scorre da solo, non mi accorgo del tempo che passa, non mi accorgo di nulla intorno, finchè non premo ‘INVIO. Altre passo mesi ad aver mille pensieri e non essere in grado di buttar giù nulla, pensando siano una marea di stronzate generate dalla mia testa e che nessuno vuole sentire. Altri ancora tabula rasa.

No non dovrebbe essere cosi. Uno scrittore è uno scrittore. Se fossi brava saprei cosa scrivere. Se fossi brava qualcuno si accorgerebbe di me magari. Naaaaah! Meglio tornare alla vita normale.

E le foto? Ho sempre amato le foto, fin da piccola. Avessi potuto avrei immortalato qualsiasi cosa.
Bellissime foto, mi hai fatto venire una voglia di visitare quel posto.’ Grazie .
Ti mando il link per un concorso di fotografia, secondo me potresti provarci’

E fotografo, fotografo tutto. Immortalo momenti in cui mi sento felice. Immortalo angoli di vita che incontro. Lui mi lascia la sua macchinetta professionale per un pomeriggio e io mi sento come una bambina a spasso per le strade di una città nuova, ma che è sempre stata la mia in realtà. Magari dovrei fare un corso.   Magari dovrei crederci un po’ e provarci.

UUUUUUh guarda che bella questa foto. E questo fotografoooooo. No vabbè io non le farò mai così.
Lasciamo perdere.
Qualcosa più fattibile per me. Pensa Miki, pensa a cosa ami fare.  Beh bere. Potrei fare un corso di Sommerlier.
No dai basta!!!
E così in loop.

Perché bisogna per forza essere bravi in qualcosa

..O avere qualcosa che ci differenzi dagli altri?!
Perché semplicemente non posso essere una commessa, che si fa le sue 8h al giorno per guadagnare abbastanza da potersi permettere di viaggiare, scrivere e fotografare. E bere si d’accordo..

In ogni caso anche a noi ogni tanto capita qualcosa di bello (QUI)

new york viaggio da sola mai na gioia is the new black

Viaggio da sola a New York (part. 3)

Ah ma siete ancora qua a leggermi? (QUI la parte 2) Io speravo di potervi raccontare tutto in poche righe. Ma proprio non ce la faccio… Non odiatemi. Ma con New York è impossibile.

Ma torniamo a quel pomeriggio. Dove mi avevate lasciata? A vagare per Central Park sicuramente…

Ecco beh, dopo quella della biblioteca, arriva la seconda idea geniale della giornata: andare ad Harlem a vedere il Rucker Park. (Per chi non mastica basket, è un campetto storico che volevo vedere assolutamente).

Essendo ad Harlem, mi era stato detto ‘Vai tranquilla, è come la stazione di Padova, se ci vai di giorno non c’è nessun problema!’. E andiamoci di giorno allora.

A piedi era infattibile, in metro mi seccava essendoci il sole, prendiamo il bus quindi… Ogni 15 secondi una fermata, ogni 15 secondi saliva gente sempre meno raccomandabile.

Allora, premetto che non sono razzista ovviamente e che anzi Martin Luter King mi stava simpatico, stima proprio… ma ho visto fin troppi film per non sapere che fine fa’ una ragazza ad Harlem da sola.

Io ve lo giuro, dopo dieci fermate l’autista continuava a lanciarmi occhiate dallo specchietto del tipo ‘Ti sei persa o sei semplicemente idiota?’ e io rispondevo con le mie occhiate da ‘Entrambe le cose zio!’.

Verso le ultime fermate l’ansia aveva iniziato a salirmi. E non poco.

Già mi immaginavo come nei film, io rincorsa che scappo per quei vicoli strettissmi tra i palazzi in mattoni con le scale antincendio a vista, rovesciando cassonetti, fin quando arrivo in un vicolo chiuso da una rete che dovrei saltare per salvarmi… e li niente basta, mi arrendo perché non sono così agile. E allora Studio Aperto farà un servizio su di me, con i miei selfie più brutti… Ok basta scusate, a volte mi lascio trasportare troppo.

Comunque alla fine sono arrivata al capolinea, mi alzo per scendere con il cuore in gola e la vecchina di colore, seduta di fronte a me si gira e mi dice “Ma tu sei proprio sicura che dovevi scendere qua?”. Gelo nel sangue.

O mio Dio, morirò! Morirò e non avrò mai detto al tipo che mi piace, che lo amo.

Beh ormai dovevo scendere per forza. Scendo, ma del campetto manco l’ombra, mi guardo intorno, cerco con il telefono… Nulla. E adesso? Mi guardavano tutti. E sicuramente non perché io meritassi di essere guardata.

Sconsolata attraverso la strada per riprendere l’autobus e tornare indietro. Delusissima.  ED ECCOLO!

Mi sono seduta sugli spalti, quatta quatta, per non disturbare. Ma sono durata giusto il tempo di rendermi conto che mi mancava solo una grossa freccia luminosa sopra la testa che indicasse la presenza della classica ragazza bianca, vestita da collegiale, seduta sugli spalti a vedere una partita di basket amatoriale in una tra le zone più malfamate della città. FUGA!

Risalgo sul bus per tornare. L’autista era lo stesso dell’andata e quando sono salita mi ha guardata e ho capito che aveva trovato risposta alla sua precedente domanda. Sono idiota si!

L’ho salutato con un cenno di capo che spero abbia percepito come un ‘Che questa cosa rimanga tra noi due, grazie!’ e sono scesa sulla Fifth Avenue. La via dello shopping. Il centro del mondo.

Non credo di essere in grado di spiegare cosa possa essere per una donna, la Fifth Avenue. Soprattutto sotto Natale.natale a new york

H&m, Victoria’s Secret, Tiffany.. tutti uno dietro l’altro senza nemmeno darti il tempo di riprendere fiato da quello precedente.

So che i maschietti difficilmente potranno capire, ma è un po’ come per voi riverdere il gol di Roby Baggio in Italia-Cecoslovacchia o per i cestisti i 13 punti in 35”di T-Mac. Non so se ho reso l’idea.

Comunque dopo aver dato fondo alla carta di credito sono tornata in albergo. Secondo giorno e già iniziavo a pensare a come avrei fatto a far stare tutto in valigia.

Ma non era il momento di preoccuparsene. L’unica cosa a cui pensare in quel momento era farmi la doccia e andare alla ricerca di quel ristorante italiano nell’East Village, che mi avevano consigliato.

ALT! So cosa state pensando, “Questa va’ a NY e cerca ristoranti italiani”. No, non è come sembra. Non ci sono andata per la cucina, bensì perché mi avevano detto che avrei potuto incontrarci giocatori NBA.

Ed è vero, confermo! Solo che io sono andata a cena la domenica sera e Belinelli il lunedì invece. Perché non sia mai che i ‘𝓜𝓪𝓲𝓷𝓪𝓰𝓲𝓸𝓲𝓪’ mi lascino in pace almeno in vacanza.

(Marco, se mi leggi, ero io quella sera a farti fischiare le orecchie!)

Ma in ogni caso, come avviene sempre quando pensi di sapere cosa ti aspetta, l’universo ti lancia una palla curva. E quindi devi improvvisare. Sono arrivata al locale (Via della Pace), senza grandi aspettative. Convinta che avrei passato una piacevole serata, sorseggiando vino, seduta al bancone ad osservare lo svolgersi di una classica serata newyorkese.

Non avevo minimamente considerato l’ipotesi di poter conoscere qualcuno.

Entro in questo localino, piccolo, ma proprio quello che t’immagini di trovare a New York. Luci soffuse, piccoli tavoli con candele e atmosfera che ti fa venir voglia di sederti al bancone a raccontare i cavoli tuoi al barista. Bellissimo!

via della pace new york

Prendo posto al bancone si, ma con vista sulla strada.

Arriva subito il proprietario, un ragazzo di Roma, laziale fino al midollo e anche un po’ fuori di testa. Ma dopo i classici convenevoli tra connazionali, mi porta il mio bicchiere di vino e questo è bastato per starmi subito simpatico.

Ed è così che funziona no?! Tu sei li, seduta con in tuo bicchiere di vino, i tuoi pensieri, guardando fuori New York che si prepara per la serata e pensi che sei proprio dove vorresti essere, senza desiderare di più.

Finché non ti si siede un ragazzo vicino. Ordina da bere in italiano. E allora cominciate a fare due chiacchiere.Il bicchiere di vino si trasforma in una bottiglia.Le due chiacchiere si trasformano in una conversazione. E la piacevole cena tranquilla si trasforma in «Cavolo ma sono quasi le 2 e mezza?!».

Lo so è incredibile. Ma la vita a volte ha questa capacità di sorprenderti proprio quando ti aspetti che più nulla possa riuscirci.

Sarà stato il vino, New York o la mia solita incoscienza, fatto sta che ho acconsentito che mi riaccompagnasse in albergo. Anche perché è vero che New York è una città parecchio sicura, ma avevo la netta sensazione di aver consumato tutta la mia dose di culo mensile ad Harlem al pomeriggio. E non volevo rischiare.

Il vino comunque ha avuto la meglio e quindi in metropolitana ci siamo baciati. Per tutto il tragitto a dir la verità.

Ed è li che ho finalmente capito cosa intende la gente quando dice «Eh ma se vuoi veramente imparare una lingua nuova devi andare all’estero.»

In ogni caso è stato molto gentile e carino per tutta la sera, ma non abbastanza da convincermi a lasciargli il numero. Quindi ho voluto fare la misteriosa del tipo «Se vorrai, in qualche modo mi ritroverai comunque», ma che in realtà tradotto era “Ascolta è stata una bella serata, un limone non si nega a nessuno ma noi non siamo i protagonisti di Serendipity.  Addio”. E sono rientrata in albergo.

Sono crollata a letto, ripetendomi “Fa’ che domani non me lo ritrovi davanti all’albergo! Fa’ che domani non me lo ritrovi davanti all’albergo! Fa’ che domani non me lo ritrovi davanti all’albergo!”.

La mattina seguente, a parte un epico mal di testa da vino, non ho avuto sorprese. E potevo continuare la mia vacanza da eremita, in cerca della pace interiore.

Va bene, sto scherzando, non giudicatemi!

 Ma torniamo a New York City, perché anche se non sembra, ero solo al terzo giorno.

Non avevo programmato ancora nulla per la giornata, l’unica cosa sicura era che avevo veramente fame.  Cercando un posto per la colazione, ne ho trovato un altro “So cute”. (‘Cafè Un, Deux, Trois’Segnatevelo. )cafe un doix trois new york

Avevo ancora un po’ di postumi, quindi colazione abbonante, aggiornamento del diario sulla sera precedente e… ho una nuova giornata davanti, cosa potrei fare?!

Intanto godermi la colazione, godetevela con me.. al resto ci pensiamo la prossima volta.

P.S.: Ah, alla fine sono sopravvissuta ad Harlem, ma il tipo che mi piace ancora non sa nulla!

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