Stoccolma (di gioia)
Un viaggio a Stoccolma
Quattro giorni di viaggio, 2 mesi di attesa. Sto giro l’organizzazione ha lasciato un po’ a desiderare. Forse perché stavolta non sono partita da sola.
«Ma come.. ce la meni tanto che viaggi da sola, ecc.. e poi..»
Eh lo so, c’avete ragione.. ma vi ricordate quando ho scritto «C’è solo una cosa che ti serve quando ti ritrovi a 26 anni, di nuovo single e con un lavoro che per certi versi ti fa sentire in gabbia»? Ecco… solo che stavolta ne ha 25 di anni ed è mia sorella.
Quindi l’ho portata via… però dai, giocavamo in casa in fondo.
Però si, ammetto che non è stato facile abbandonare il mio viaggiare in solitaria. Avevo paura di non avere la mia musica, i miei pensieri, il mio ‘perdermi’ per ritrovarmi.
«Vabbè, vorrà dire che sarò meno viaggiatrice e più turista per sto giro.»
Ma torniamo al gate.
Siamo sedute per terra come due deportate, aspettando aprano l’imbarco. Il resto dei nostri compagni di volo si sono già tutti alzati e posizionati ordinatamente in fila.. non ho mai capito perché, che fretta avete? Avete visto ‘Mamma ho perso l’aereo‘ troppe volte? Sono numerati i posti eh..
In ogni caso, per ingannare l’attesa, con la mente mi sono messa a fare il mio solito gioco… Osservare la gente ed immaginarmi la loro storia.
Che andassero anche loro a Stoccolma ne era certo, ma perché?
Andavano o tornavano?
Chissà se c’era qualcuno all’aeroporto ad aspettarli, con un cartello o un sorriso gigante..
Finché il mio sguardo non si è posato su una coppia, marito e moglie, seduti sui divanetti. Non saprei dire che età dimostrassero, o meglio lui all’incirca sui 55 anni, lei probabilmente gli stessi, ma forse per colpa dei capelli rasati o dell’aria stanca di chi sta combattendo contro qualcosa di troppo grande, le davo qualche anno di più.
In ogni caso, lui ad un certo punto si è alzato per fare a cambio di posto (purtroppo non so dirvi il motivo).. Lei con molta fatica si è alzata e seduta nel posto appena cedutogli dal marito.
Lui ancora prima che lei toccasse la sedia, aveva già preparato il braccio da metterle dietro la testa, così lei ha appoggiato la testa sul suo braccio e lui l’ha baciata sulla fronte.
E niente… questo solo per dirvi che l’Amore era in volo con noi per Stoccolma quel giorno. Forse non l’aveva mai vista nemmeno lui. E dunque eccolo li in attesa di essere imbarcato anche lui.
«Oh Michi dai che hanno aperto il gate!»
E N’AMO ALLORA.
Arrivate in ostello all’una passata dopo esserci ovviamente perse nella ricerca, siamo morte a letto.
Prima mattina.
Avevamo messo la sveglia, ma solo di proforma ovviamente, eravamo entrambe pronte al ‘viaggio’.
Colazione rapida con brioche e caffè take away e via a cercare il noleggio di bici.
Ecco, ora io qua vorrei premettere una cosa. Girare le città in bicicletta è veramente bello. Puoi vedere tutto, risparmiare tempo, non chiuderti in metropolitane, insomma godertela di più.
Ma Stoccolma è in bicicletta è quanto di più simile alla morte. Ok ammetto che io ero abbastanza fuori allenamento e assomigliamo molto a Fantozzi durante la coppa Cobram, però veramente erano solo salite…
Alchè voi potreste dire ‘Vabbè ma dopo le salite ci saranno le discese!’ Eh.. lo dicevo anche io e invece NO.
Oltrettutto il posto dove avevamo deciso di passare la mattinata era, e qua cito testualmente mia sorella: ‘A soli 8 km dal centro.. in bici ci mettiamo poco dai’.
SI OK.
Sembrano sorrisi quelli della foto, ma sono spasmi.
E poi lì la bicicletta è il mezzo più gettonato, viaggiano ad una velocità supersonica e quindi guai a intralciargli il passaggio e rompergli il ritmo. Scatta la suonata di campanello con la stessa velocità con la quale da noi scatta il clacson a semaforo verde.
Maledetti loro, i loro caschetti e i loro polpacci abbronzati.
Comunque ce l’abbiamo fatta.
Sognavo di vedere questo posto da quando ho iniziato a pensare a Stoccolma.
Purtroppo ho una passione incomprensibile per i cimiteri, da tempo immemorabile, mi affascinano e in ogni città che visito devo vederne almeno uno.
Lo so sono strana.
Comunque fino a quel giorno, quello di Parigi li batteva tutti.
Poi però ho visto questo.
Chiamato il ‘Cimitero del bosco’, per gli amici Skogskyrkogården.
Si ecco fateci l’abitudine, gli svedesi snobbano le vocali, schifo proprio.
Ma vabbè, torniamo al cimitero (anche se suona malissimo). E’ un posto veramente pazzesco, fiabesco, per quanto possa esserlo un cimitero.
Patrimonio Unesco, e già questo dovrebbe farvene immaginare la bellezza.
Avevo ovviamente visto milioni di foto prima di partire, però dal vivo (si pessima scelta di parole, non ridete, persone orribili) è tutt’altra cosa.
Quindi molto rispettosamente (io, perché mia sorella e il suo bastone da selfie non molto. ‘Selfie col morto’. Ahahaha. Ok scusate la smetto.) l’abbiamo girato, anche se non tutto però, perché era pressoché impossibile.
Sicuramente una tra le cose che ho preferito vedere.
E ovviamente dopo ogni cosa bella bisogna sempre compensare con una porcata. Abbiamo quindi deciso di andare a vedere (da brave turiste) il ‘panorama mozzafiato’ offerto dall’Ericsson Globe.
Una sfera gigantesca, quasi delle stesse dimensioni che hanno preso le mie palle durante il giro panoramico.
Stoccolma è splendida vista dal basso e anche dall’alto, ma non da lì.
Si insomma con quei 15 € il mio falegname mi costruiva una scala e da là la vedevo meglio.
Ora comunque arriva il bello. Il ritorno in città in bicicletta.
Con la stessa espressione di chi si accinge ad attraversare il miglio verde, ci siamo dirette alle bici. E con una velocità media di circa 3 km/h siamo tornate verso la City.
Intervallate solo da qualche ‘Oh fermati che devo fare la foto’, ma che in realtà entrambe sapevamo essere un «Oddio muoro, fermate n’attimo».
Bellissimo però, lo scorrere frenetico di Stoccolma, il sole alternato a nuvoloni, la fatica, il sudore, l’aria gelida, poi il tepore del sole di nuovo, poi la broncopolmonite, la morte.. e via così fino in città.
Giusto in tempo per la Fika.
Risparmio le battute, che son fin troppo facili perfino per me.
Vi lascio spiegare da loro cos’è la ‘fika’, perché non saprei spiegarvelo meglio.
Ecco, loro c’hanno il Brunch e la Fika, noi c’abbiamo l’Apericena. Mortacci nostri.
Comunque dopo quella sfacchinata non potevamo che adeguarci alle usanze locali.
La città da una certa ora in poi, cambia aspetto, si rilassa, stacca.
Si riempiono i tavolini dei bar all’aperto e tutti escono con il loro caffè e il loro piattino di Kanelbullar. I loro dolcetti tipici.
E tutta la città inizia a profumare di cannella e relax.
E Fika sia allora…
So che state sentendo anche voi profumo di cannella ora, quindi per ora ve lo lascio godere. Come abbiamo fatto noi..
Il resto la prossima volta. 🙂QUI