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new york viaggio sola

Viaggio da sola a New York (part.5)

Ancora a New york, le proposte di matrimonio e l’NBA

(parte 4 QUI) Penultimo giorno di New York per me, ultimo articolo per voi.

Tristi? Beh lo ero anche io. Parecchio anche. New York non è una città che ti passa dentro senza lasciarti nulla.

Ma un po’ come quando mangio qualcosa e lascio la parte più buona sempre per ultima, anche con New York ho fatto lo stesso.

Mi sono alzata con un po’ di tristezza addosso. Non volevo tornare. C’avevo preso gusto.

L’aria ghiacciata appena uscivo la mattina, il bicchierone di caffè che mi scaldava le mani, la gente sempre di fretta, l’alzare la testa per vedere il cielo sopra i grattacieli e capire che tempo ci fosse… ero ancora là, eppure già mi mancava.

C’era ancora una giornata davanti però, quindi dai.

Per l’ultima colazione sono tornata da Perishing Square (fronte Grand Central), non potevo andarmene senza aver rimangiato quei pancakes spaziali.pancakes new york perishing

Stavolta però banana e scaglie di cioccolato, solito burro da sciogliere sopra, caffè e succo. Ho mangiato tutto.

92 minuti di applausi dal parte del mio colesterolo.

Volevo far scorta per tutto il giorno, per non sprecare poi tempo mangiando a pranzo.Volevo godermi New York e basta.

Che poi pensandoci, anche godermi quella colazione, in quel posto, senza pensieri… faceva parte del godermi New York.

Era una splendida giornata e c’era una cosa che ancora non avevo fatto. Salire sull’Empire. Vamos allora!

86esimo piano. Un’ora e mezza di fila. Mi sono sembrati un’eternità. Sia i piani, che l’attesa.

empire tramonto

Però…

Sembra una frase fatta, ma effettivamente pareva di essere in cima al mondo. D’altronde sei in cima all’Empire State Building a New York, non sul campanile della chiesa di Poggibonsi. (Con rispetto ovviamente).

Comunque io ero li che giravo, facendomi i fatti miei, in cerca di un posticino per godermi lo spettacolo da sola (che suona tanto come metafora di vita).

Riflettendo sul fatto che magari sarebbe stato più bello, condividere tutto quello con qualcuno.

O magari anche no.

Alla fine, ho trovato un posto vicino ad una coppia di ragazzi, 20enni al massimo, che si stavano sbaciucchiando. Questo mi ha portato a protendere per il ‘Magari anche no’ nella mia riflessione.

Ma comunque, ad un certo punto il ragazzo si è girato verso tutta la gente che c’era, richiedendo l’attenzione di tutti. Si è inginocchiato e ha tirato fuori una scatolina nera.

L’ha aperta di fronte alla ragazza, che è ovviamente scoppiata a piangere, in mezzo agli applausi della gente. (Quando si dice ‘vincere facile’)

Beh, io in tutto ciò ero ancora li a fianco eh! (Se la metafora della mia vita non vi fosse ancora abbastanza chiara.)

Scuotendo la testa e dicendo ‘Cupido, bel tentativo, ma ci vuole ben altro per convincermi.

Sono cinica si, ma voi non avete visto quell’anello, era veramente orrendo.

Quindi ho abbandonato la coppia felice e ho finito di godermi il mio panorama in solitaria.

Tornata nel mondo reale mi sono diretta verso Brooklyn.

Eh si perché quel giorno era il ‘GAME DAY’, ovvero avevo la partita da andare a vedere. E ormai non riuscivo piu a pensare ad altro.

Oltre alla classica passeggiata sul ponte di Brooklyn, che tanto fareste comunque anche se vi dicessi di non farla, fatevi anche tutta la Brooklyn Heights Promenade (camminata che costeggia il fiume, con vista sulla parte bassa di Manhattan).

Poi ovviamente addentratevi e perdetevi per Brooklyn.

brooklyn quartiere viaggio new york

Alle 19.30 aprivano i portoni del Barclays Center. Arena nuova di pacca, dei Nets ovviamente. No non sono andata al Madison, perchè ci giocano i Knicks. E a me il basket piace.

Alle 18 io ero già là ad aspettare.

Alle 19.40, cioè con 77 minuti d’anticipo sul fischio d’inizio io ero già seduta al mio posto. Ovviamente in piccionaia, perché quel poveraccio di Jay Z non mi aveva tirato fuori l’accredito per farmi sedere tra lui e Beyonce a bordocampo.

Aldilà dell’ovvia trepidazione, (simile solo a quella che ho la mattina di Natale) per la partita, il mio anticipo era dovuto al fatto che speravo di riuscire a fare qualche foto nel pre partita. ILLUSA.

Quell’arena è inespugnabile, c’erano più steward che posti a sedere.

Vedevo la gente a bordocampo fare foto con Tim e con Manu. E io cosi:

barclays center nets spurs new york

Ma stavo per vedere Spurs-Nets, al Barclays, niente poteva abbassarmi il morale.

Non mi mancava nulla: partita in diretta, 20$ di bibita e popcorn , tifo indiavolato e abbraccio con i ragazzi texani che mi erano seduti vicino, quando hanno scoperto che venivo dall’Italia per vedere gli Spurs.

Diciamo che vedere la partita dal computer, in piena notte, nel buio della mia camera, con le cuffie, è leggermente diverso da com’è stato quella sera.

Il basket fa’ solo da contorno.

Cinque piani di ristoranti/baracchini per scegliere cosa mangiare durante la partita, cheerleaders,  kisscam, dancecam, popcorn e bicchieri che volavano ad ogni canestro di Teletovic, cori… Non sarei più andata via.

E in effetti qualcuno deve avermi ascoltato, perché c’è stato l’overtime. P A Z Z E S C A.

Nonostante sia stata la prima ad arrivare, sono stata comunque l’ultima ad andare via. Come al cinema quando un film mi è piaciuto e sto fino alla fine dei titoli di coda. Non volevo proprio alzarmi.

Purtroppo era finita. Ed essendo passata la mezzanotte, tecnicamente era anche finita la mia vacanza. Sono tornata in albergo, respirando a pieni polmoni tutta quell’aria di New York. Come dovessi farne scorta.

La mattina seguente avevo solo mezza giornata a disposizione e senza il minimo dubbio l’ho passata a Central Park.

Mi ero anche ripromessa di andarci una volta per fare jogging, ma il mio livello di sportività è non sapere nemmeno come si scrive jogging… e poi non ci vado nemmeno a Padova. Quindi dai facciamo i seri!

In ogni caso, cappello, sciarpa, musica nelle orecchie e noccioline per scaldarmi le mani (si lo ammetto, anche per gli scoiattoli. Ma era più forte di me, sono così cariniii) e via a scoprire gli angoli più nascosti del parco…

Nel tragitto in taxi dall’albergo all’aeroporto, ho sentito gli occhi riempirsi. Forse c’era troppa New York dentro e non c’era più posto per le lacrime. Beh, almeno una ne è scesa sicuramente.

Non ero triste. Non ero nemmeno felice. Ero tutto.

E un po’ come ho capito a Parigi, era quella la sensazione alla quale puntavo quando ho deciso di iniziare a viaggiare…

new york viaggio sola

C’ho provato, ma non potevo raccontarvi tutto ciò che ho visto, fatto e provato in quei giorni. Vi ho risparmiato la visita al negozio di giocattoli di ‘Mamma ho perso l’aereo‘, lo zoo di Central Park, la sua pista di pattinaggio, il mio perdermi almeno due volte al giorno sbagliando treno in metropolitana… e potrei continuare..

Ma magari qualcosa la tengo solo per me.

Però per qualsiasi dritta o consiglio vi rispondo molto più che volentieri.

Ah ovviamente non era necessario, ma come vi dicevo, quando un film mi è piaciuto rimango seduta al cinema fino alla fine dei titoli di coda… anche per godermi tutta la colonna sonora.

Quindi per chi vuole, lascio anche un po’ della mia di colonna sonora, fatene buon uso:

Sixpence None the Richer – It came upon a Midnight Clear

Sara Bareilles e Ingrid Michaelson- Winter song 

The Rescues- All I want for Christmas

Pentatonix – Little Drummer boy

Lily Allen – Somewhere only we Know

Tom Odell – Real Love

Da Nuova York è tutto. Ci si becca al prossimo check-in no?

bryant park new york

Un viaggio da sola a New York. (parte 4)

Un viaggio da sola a New York City

Si sempre a New York. (QUI la parte 3)
Allora dopo una colazione, sufficiente a darmi scorte per tutto l’inverno, ho iniziato a pensare a come affrontare la giornata.

Piovigginava fuori, quindi ho deciso che era arrivato il giorno giusto per i musei.  Direzione MoMa.

Sinceramente non saprei che dirvi al riguardo. Io personalmente, non credo ci ritornerei. Ma c’è anche da dire che sempre io, ho fissato per 15 minuti una bottiglia di Gin abbandonata per terra in una delle sale, pensando fosse un’opera.

Finché un addetto non l’ha presa e cestinata. Quindi potete ben capire quanto io ci capisca di arte.

Sono uscita dal museo con la sensazione di aver sprecato tre ore. (CAPRA, CAPRA, CAPRA)

Il resto del pomeriggio l’ho moma new yorkpassato a zonzo tra Greenwich, Soho e Little Italy. L’essenza di New York, secondo me, è tutta là.

In realtà ero andata per cercare la casa di Carrie (Sex&theCity per chi non lo sapesse, anche se vi meritereste due sberle se non lo sapeste). Alla fine l’ho trovata, ma ovviamente stavano facendo lavori e quindi mezza facciata era coperta, da un telo gigante con la scritta ‘MAINAGIOIA’.

Quella pioggerellina malefica comunque mi stava facendo saltare tutti i piani. Niente visita panoramica all’Empire, niente pattinaggio sul ghiaccio, niente zoo a Central Park.

Potrei andare a Brooklyn e farmi tutta la passeggiata sul ponte”. Daje!

Mezz’ora di metro per arrivare al punto dove avrei dovuto cambiare treno. E per rendermi conto che, nel frattempo fuori aveva iniziato a venire giù il diluvio universale.

Ok beh, piano B.

Rientro in metro per tornare verso il centro. Anzi mi correggo, provo a rientrare in metro, ma da buona samaritana avevo strisciato la card cinque minuti prima per far entrare un ragazzo che era rimasto chiuso fuori, cosi ora, ero io quella chiusa fuori.  Niente metro, ok.
Risalgo in superficie, ormai era buio, cellulare completamente scarico, pioggia a dirotto e nessuna idea su dove cavolo fossi. E mo’?

E mo’ ti arrangi.

Ho iniziato letteralmente a vagare a caso, sotto l’acqua, in cerca di uno Starbucks almeno per caricare il telefono e cercare di capire in che parte dell’emisfero terrestre mi trovassi.

E voi sapete perfettamente come funziona. A NY ci sono Starbucks ad ogni angolo… quando non ti servono. Ma quando ne cerchi uno, il più vicino si trova sicuramente ad almeno 10 km.

L’ho trovato, ci sono rimasta giusto il tempo di caricare il telefono il minimo per riuscire a tornare in albergo, anche perché ero completamente fradicia, fuori c’erano 2 gradi e i km di camminata giornalieri iniziavano a farsi sentire.

Mi avvio per tornare, un po’ sconsolata lo ammetto.
Fortunatamente ero a New York e New York non permette che tu ti possa sentire sconsolata.
Sono passata per caso davanti al Bryant Park. Ero davvero stanca e avevo veramente tanto freddo, ma c’erano dei mercatini natalizi, musica e profumo di cannella nell’aria, non potevo non andare a vedere cosa c’era. E ho fatto bene.

Circondata dai mercatini, nascosta dai grattacieli, c’era una pista di pattinaggio sul ghiaccio.

Coppie, bambini, famiglie..tutti a pattinare. Ecco cos’è NY a Natale.

Il sorriso che mi si è stampato in faccia…Va beh, ma che ve lo dico a fare!

bryant park new york

Sono rimasta là per un po’ a godermela, il freddo, la stanchezza, i mainagioia… tutto era in standby.

Poi però mi sono ripresa, sono corsa in albergo per farmi una doccia calda e non vedevo l’ora di uscire di nuovo per scoprire qualcos’altro.

Iniziavo anche ad avere un po’ di fame ad essere onesta, quindi ho cominciato a guardarmi intorno per cercare un posto dove cenare. Alla fine sono capitata in una tipica tavola calda, tavoli larghi, panche in pelle rossa, cheeseburger giganti, ma soprattutto partita in diretta. Mi ricordo di aver iniziato in quel momento a considerare seriamente l’idea di trasferirmi per vivere là.

Ho pagato il conto, chiacchierato un po’ con uno dei camerieri che mi aveva fatto i complimenti per la mia fantasticissima felpa natalizia (meritatissimi aggiungerei) e sono uscita.

Appena messo fuori il muso, ho avuto un brivido. Mi sono accorta che non solo avevo appena ricevuto dei complimenti, ma che non avevo nemmeno avuto bisogno di chiedere di ripetere. Avevo capito cosa mi aveva detto!

Diciamo che New York era decisamente riuscita a farsi perdonare per la giornata!

Ma non era ancora finita.

DA SOLA A NEW YORK CITY

Ero stanca, finita, ma non volevo dormire, quindi ho optato per una passeggiata verso il Rockefeller Center, dove proprio quel giorno avevano acceso l’albero.

New York si veste natalizia già da metà novembre e ammetto che è qualcosa di spettacolare.

Ma non è veramente Natale finché non accendono quell’albero.

Avevo visto quell’immagine miliardi di volte. In poster, cartoline, film… ma quando me la sono trovata davanti, sono stata pervasa da un incredibile voglia di cioccolata calda, regali da scartare e di maglioni con le renne. Banale? Può essere.

rockefeller center natale

Ma oh, so’ bravi sti americani!

Non contenta di tutto ciò, tornando verso l’albergo sono passata di fronte ad una libreria immensa.

Perché no?’ ho detto.

Beh tanto per cominciare perché sono libri e non vestiti. E poi perché oltretutto sono in inglese. Cosa entri a fare?!

Sono entrata.

Sono entrata e ho trovato ciò che mai avrei pensato di trovare. Totalmente inaspettato e imprevisto.

Premetto che dal 1994 ho una leggerissima passione per Nightmare Before Christmas.Leggerissima.

Beh, li in quella libreria, ho trovato (in edizione limitata per il 20esimo anniversario) la versione del libro scritto e illustrato con i disegni originali di Tim Burton.

Se l’ho comprato o meno, lo lascio immaginare a voi.

Va bene New York ho capito, ti ho perdonata, adesso puoi smetterla di fare la splendida.. mi hai convinto!

Avevo ancora 3 giorni, secondo voi ha smesso? No, per niente